di Kisenfrey
Pubblicato in Austria il 9 gennaio 2013
Traduzione di Claudia Marruccelli
La Calabria offre uno squarcio nella miseria di un’unione monetaria, e solo non europea
La costa calabrese ionica che va da Sibari a Crotone, dove ho trascorso le vacanze di Natale, è uno degli ambienti culturali più importanti d’Europa, l’antica patria di Pitagora è sin dall’antichità uno scrigno d’imponenti tesori dell’architettura, incastonati tra il mare e le vette innevate.
Ma dal punto di vista economico e sociale è uno degli angoli più arretrati d’Europa. La Calabria è la regione più povera d’Italia, priva di settori industriali di rilievo, il cui reddito pro-capite annuo ammonta a solo due terzi della media europea, e il lato orientale della costa, a parte il centro di Lamezia Terme, offre ben poco dal punto di vista turistico.
Qui si è ridotta anche la presenza della famigerata ‘Ndrangheta, perché, dicono gli abitanti del luogo, ormai non c’è più nulla da arraffare.
Il settore agricolo è ancora attivo, ci sono soprattutto oliveti, coltivati spesso troppo fitti, un segnale della malriposta politica delle sovvenzioni. Ma in questa regione disastrosa dal punto di vista occupazionale, sono i lavoratori stagionali rumeni, pagati una miseria, che si occupano della raccolta.
La popolazione locale, a parte qualche caso eccezionale, vive di sussidi sociali e pensioni. E chi riesce ad ottenere per se' e per la propria famiglia più di una di queste rendite, se la cava meglio.
L’ex premier Silvio Berlusconi qui è ancora molto amato, ha promesso alla popolazione che tutto resterà così com’è, non desiderano altro, mentre i tentativi di riforma di Mario Monti sono per loro delle atrocità.
Alcuni emigrati rientrati dalla Germania si sono costruiti delle graziose villette in periferia. Le vecchie case nei paesini sulle montagne cadono a pezzi e sulla costa sono spuntati orrendi blocchi di cemento. I giovani emigrano altrove o si adattano a una vita di disoccupazione e dipendenza.
L’economia calabrese ha subito il danno dell’euro in misura inferiore rispetto all’intera Italia, unita dal 1861, quando questa regione feudale è stata annessa economicamente e monetariamente a un nord che è stato rapidamente industrializzato. Il sud è in fin di vita da allora, e in particolare da quando è stato potenziato il Welfare statale, dopo la seconda guerra mondiale.
Forse qualcosa potrebbe essersi ulteriormente peggiorato dall’introduzione dell’euro nel 1999, poiché da allora l’Italia non può più completamente svalutare. Ma in precedenza la già debole lira italiana si era dimostrata troppo robusta per il sud sottosviluppato.
Stanziamenti di fondi e ambiziosi progetti per lo sviluppo economico si sono succeduti per decenni, ma hanno portato a ben pochi risultati. I fondi per l’adeguamento delle infrastrutture stradali si perdono in vicoli ciechi e le molte sovvenzioni frenano l’imprenditorialità.
Se Giuseppe Garibaldi non fosse sbarcato in Sicilia nel 1860 e non avesse combattuto per l’unità d’Italia, la Calabria starebbe meglio oggi? Sotto molti aspetti, non solo geografici, ma anche dal punto di vista dell’istruzione e dell’occupazione femminile, la Calabria è molto più vicina al Nord Africa che non all’Europa centrale. Ma l’indipendenza politica non è una sicura ricetta di successo, altrimenti la situazione di molti paesi del Maghreb sarebbe decisamente migliore.
La verità è che, per le regioni carenti nelle infrastrutture non ci sono soluzioni semplici per un futuro migliore. Non sono l’unità monetaria e i generosi contributi finanziari da parte dei ricchi vicini che creano posti di lavoro e benessere.
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