„Es schmerzt, belächelt zu werden“
pubblicato in Germania il 26 febbraio 2013
Traduzione di Claudia Marruccelli
Gli italiani non hanno eletto Beppe Grillo per ripicca e nemmeno provano sentimenti ostili verso la Germania, questo è il parere della scrittrice e giornalista Petra Reski intervistata da Enrico Ippolito
Taz: Signora Reski, che ruolo ha avuto la politica tedesca nelle elezioni italiane?
P.R. :Ha fatto da spaventapasseri. La politica tedesca ovviamente è stata sfruttata sia da Berlusconi che dalla sinistra, tutti hanno tentato di esorcizzare il pericolo germanico. Quello che qui è stato volutamente trascurato, è il fatto che i problemi economici e finanziari, di cui la Germania viene accusata, non sono una conseguenza della politica tedesca, ma naturalmente della politica italiana degli ultimi trent’anni. I tedeschi però hanno fatto di tutto per passare per spaventapasseri.
Lei fa riferimento alle raccomandazioni che la Germania ha rivolto [all’Italia].
Si perchè nessuno si è tirato indietro, a partire da Westerwelle per passare alla Merkel fino a Martin Schulz. I consigli della Germania non sono stati del tutto altruistici.
Gli italiani come hanno percepito questi suggerimenti?
Gli italiani hanno meno sentimenti ostili verso i tedeschi, dei politici, che hanno tentato di invece di sfruttarli. Gli italiani sono perfettamente in grado di comprendere la differenza.
E cosa pensano della Merkel?
Qui stiamo parlando dei media. Ciò che non bisogna mai dimenticare, tuttavia, è che i media non riflettono necessariamente il parere degli italiani. Essi riflettono ciò che i partiti politici italiani vogliono venga portato a conoscenza. Dietro ci sono sempre degli interessi. In Italia il giornalismo indipendente è presente solo su Internet e in un unico quotidiano “Il Fatto Quotidiano”. Quindi, è impossibile scoprire cosa gli italiani davvero pensano, se si dà credito ai media tradizionali. Purtroppo, questo è un grande corto circuito, di cui sono vittima anche molti giornalisti tedeschi.
A Berlusconi questa serie di articoli però hanno fatto molto comodo, giusto?
Assolutamente. Non è stato preso sul serio né dalla Merkel né da Sarkozy. E la cosa non gli è naturalmente andata giù, come del resto anche a molti italiani. Per loro, è molto doloroso sentirsi presi in giro negli ultimi venti anni all'estero. Però spesso sono anche molto autoironici, perché sono anche responsabili. Ma il giornalismo tedesco è fissato su Berlusconi. Molti aspetti della realtà italiana non vengono nemmeno presi in considerazione. E come si può ben vedere ora, un quarto degli italiani comunque non ha scelto né la sinistra, né Berlusconi, ma il Movimento "5stelle", che ha appena salvato la reputazione dell’Italia in queste elezioni
Beppe Grillo è stato scelto per ripicca?
No, non si tratta di una presa di posizione. Combattono affinché, finalmente, qualcosa cambi in Italia. Prima di Berlusconi c’era Andreotti, per sette volte primo ministro, condannato per collusione con la mafia. Poi abbiamo avuto Craxi e gli scandali per corruzione. Insomma, vent’anni fa non stavamo certo meglio.
28 febbraio, 2013
27 febbraio, 2013
Oltre la moda c’è di più
Pudzich: Italien Kann mehr als Mode
di Bernd Riegert
Pubblicato in Germania il 24 febbraio 2013
Traduzione di Claudia Marruccelli
Italia è in piena crisi economica. Il prossimo governo dovrà ridurre le tasse e liberalizzare il mercato del lavoro, questo è quanto auspica Norbert Pudzich della Camera di Commercio italo-tedesca.
Deutsche Welle: Signor Pudzich, l'Italia è in piena recessione. La disoccupazione è alle stelle. Come vede la situazione dell’economia italiana? Ha raggiunto il fondo?
Norbert Pudzich: chi parla dell'economia italiana, deve sempre fare una distinzione: da una parte esiste un’economia italiana, da molti anni rivolta ai mercati internazionali, molto rinomata all'estero e attiva nell’esportazione proprio come l'economia tedesca. Poi esiste un’economia molto tradizionalista e orientata soprattutto verso il mercato interno, che in effetti ha qualche problema, e dove gli effetti del forte aumento della disoccupazione e del calo dei consumi si fanno sentire con forza.
All’estero, si ha spesso il pregiudizio, che gli italiani producano principalmente mozzarella, scarpe alla moda e forse qualche macchina sportiva rossa. E’ vero? O comunque, quali sono i principali pilastri dell'economia in Italia?
Se si dà uno sguardo alle strutture economiche, in realtà ci si sorprende abbastanza, perché i settori presenti sono gli stessi di quelli che contraddistinguono l'economia tedesca: ingegneria meccanica, industria automobilistica, manifatturiera della plastica, industria chimica e farmaceutica. Solo che passano in secondo piano rispetto alle “aree del "Made in Italy": moda, design e cibo.
L'Italia è certamente un paese che ha un alto grado di industrializzazione, pari almeno a quello della Repubblica Federale. L’attività economica dell'Italia è complementare all’imprenditoria e ai settori presenti in Germania, tanto che anche qui si sono instaurati rapporti economici molto stretti e confidenziali. Possiamo dire che le due economie sono bene integrate e sincronizzate tra di loro.
Ora il governo Monti, formato da tecnici, ha tentato l'anno scorso di dare il via ad alcune riforme tra l'altro anche nel mercato del lavoro. Lei come le giudica? È stato fatto abbastanza?
L'Italia è da dieci anni davvero in piena crisi economica, generata anche da un mercato del lavoro rigido, un sistema fiscale complesso e oneroso anche per le aziende e per i lavoratori. Per non parlare dei ridotti incentivi all'innovazione. Il governo di Monti ha riconosciuto l’esistenza di questi problemi, ma come governo puramente tecnico, non ha avuto ne’ il tempo ne’ la possibilità per imporlo politicamente ai livelli più bassi, per realizzare questi nobili obiettivi. Qualcosa è stato fatto, anzi ci sono stati dei miglioramenti, tuttavia sussiste ancora un significativo blocco delle riforme.
Dicono che il diritto del lavoro italiano sia troppo rigido. Dipende dall’influenza dei sindacati o da cos’altro?
L'influenza sindacale è stata alta in passato, ma negli ultimi anni è diminuita in modo significativo anche in Italia. Ciò che osserviamo è che noi abbiamo una normativa del lavoro molto rispettosa della forza lavoro, che antepone sempre l'interesse dei lavoratori, cosa che sicuramente li rassicura. Inoltre, questa situazione ha portato a un forte irrigidimento del mercato del lavoro.
Secondo lei quale dovrebbe essere il primo impegno del nuovo governo?
Penso che l'Italia abbia perso gran parte della sua attrattiva come paese di investimento. Il governo avrebbe dovuto migliorare significativamente le infrastrutture locali, dare la priorità alla riforma fiscale, attesa da tempo. Inoltre creare incentivi affinché le aziende possano investire nuovamente su se stesse e quelle dall’estero ritrovassero la gioia di investire in Italia.
Osservando il paese che la circonda riesce a percepire l’immediato impatto della crisi? Le persone stanno peggio di due anni fa?
La società italiana è caratterizzata da una parte di società, la cui situazione ancora oggi è più che rosea, anche grazie ad una serie di leggi a loro favore. Questo per molti versi vale per le libere professioni, per le professioni del settore terziario, tutelate mediante sistemi tariffari, ordini professionali come quelli dei notai, avvocati, e dei medici. L'altra parte, ossia la maggioranza della popolazione guadagna sempre molto meno di quanto percepirebbe Germania, e che, sempre più spesso, non è più in grado di campare con il proprio stipendio. Tra questi ci sono dunque particolari settori dell'economia, aree di consumo, che stanno particolarmente soffrendo la crisi al momento.
L'Italia è maggiormente gravata da una burocrazia lenta o magari più vulnerabie alla corruzione e l nepotismo, rispetto ai paesi del Nord Europa? Questa è anche un’opinione o meglio un pregiudizio molto diffuso.
La burocrazia italiana è ben diversa, da come la intendiamo noi in Germania. È strutturata molto politicamente. La definizione dei funzionari politici va molto, molto, oltre la concezione tedesca. Di fatto le elezioni producono molte persone che poi vanno a ricoprire funzioni important, ma che spesso non sono abbastanza preparate dal punto di vista professionale per affrontare il futuro, ma piuttosto si trovano lì per il loro orientamento politico. Credo che questo sia certamente il più grande collo di bottiglia nel sistema burocratico italiano.
Se ho capito bene, in realtà non importa quale partito politico si metta al timone. Una grande scelta, su quello che deve fare, il nuovo governo non ce l’ha. In qualche modo, deve proseguire la strada delle riforme?
Se si guardano le dichiarazioni e i programmi dei partiti politici, il grande blocco dei partiti di centro-sinistra e di centro-destra sono effettivamente concordi nelle linee guida. Ma poi come metterle in pratica alla fine, è quello che tutti attendono con ansia.
Norbert Pudzich è amministratore delegato della Camera di Commercio italo tedesca che ha sede a Milano. Il nord Italia, è il cuore della produzione industriale del paese. La camera di commercio consiglia e tutela le aziende tedesche e italiane vogliono instaurare rapporti di collaborazione, di fatto la rappresentante ufficiale dell'economia tedesca in Italia.
di Bernd Riegert
Pubblicato in Germania il 24 febbraio 2013
Traduzione di Claudia Marruccelli
Italia è in piena crisi economica. Il prossimo governo dovrà ridurre le tasse e liberalizzare il mercato del lavoro, questo è quanto auspica Norbert Pudzich della Camera di Commercio italo-tedesca.
Deutsche Welle: Signor Pudzich, l'Italia è in piena recessione. La disoccupazione è alle stelle. Come vede la situazione dell’economia italiana? Ha raggiunto il fondo?
Norbert Pudzich: chi parla dell'economia italiana, deve sempre fare una distinzione: da una parte esiste un’economia italiana, da molti anni rivolta ai mercati internazionali, molto rinomata all'estero e attiva nell’esportazione proprio come l'economia tedesca. Poi esiste un’economia molto tradizionalista e orientata soprattutto verso il mercato interno, che in effetti ha qualche problema, e dove gli effetti del forte aumento della disoccupazione e del calo dei consumi si fanno sentire con forza.
All’estero, si ha spesso il pregiudizio, che gli italiani producano principalmente mozzarella, scarpe alla moda e forse qualche macchina sportiva rossa. E’ vero? O comunque, quali sono i principali pilastri dell'economia in Italia?
Se si dà uno sguardo alle strutture economiche, in realtà ci si sorprende abbastanza, perché i settori presenti sono gli stessi di quelli che contraddistinguono l'economia tedesca: ingegneria meccanica, industria automobilistica, manifatturiera della plastica, industria chimica e farmaceutica. Solo che passano in secondo piano rispetto alle “aree del "Made in Italy": moda, design e cibo.
L'Italia è certamente un paese che ha un alto grado di industrializzazione, pari almeno a quello della Repubblica Federale. L’attività economica dell'Italia è complementare all’imprenditoria e ai settori presenti in Germania, tanto che anche qui si sono instaurati rapporti economici molto stretti e confidenziali. Possiamo dire che le due economie sono bene integrate e sincronizzate tra di loro.
Ora il governo Monti, formato da tecnici, ha tentato l'anno scorso di dare il via ad alcune riforme tra l'altro anche nel mercato del lavoro. Lei come le giudica? È stato fatto abbastanza?
L'Italia è da dieci anni davvero in piena crisi economica, generata anche da un mercato del lavoro rigido, un sistema fiscale complesso e oneroso anche per le aziende e per i lavoratori. Per non parlare dei ridotti incentivi all'innovazione. Il governo di Monti ha riconosciuto l’esistenza di questi problemi, ma come governo puramente tecnico, non ha avuto ne’ il tempo ne’ la possibilità per imporlo politicamente ai livelli più bassi, per realizzare questi nobili obiettivi. Qualcosa è stato fatto, anzi ci sono stati dei miglioramenti, tuttavia sussiste ancora un significativo blocco delle riforme.
Dicono che il diritto del lavoro italiano sia troppo rigido. Dipende dall’influenza dei sindacati o da cos’altro?
L'influenza sindacale è stata alta in passato, ma negli ultimi anni è diminuita in modo significativo anche in Italia. Ciò che osserviamo è che noi abbiamo una normativa del lavoro molto rispettosa della forza lavoro, che antepone sempre l'interesse dei lavoratori, cosa che sicuramente li rassicura. Inoltre, questa situazione ha portato a un forte irrigidimento del mercato del lavoro.
Secondo lei quale dovrebbe essere il primo impegno del nuovo governo?
Penso che l'Italia abbia perso gran parte della sua attrattiva come paese di investimento. Il governo avrebbe dovuto migliorare significativamente le infrastrutture locali, dare la priorità alla riforma fiscale, attesa da tempo. Inoltre creare incentivi affinché le aziende possano investire nuovamente su se stesse e quelle dall’estero ritrovassero la gioia di investire in Italia.
Osservando il paese che la circonda riesce a percepire l’immediato impatto della crisi? Le persone stanno peggio di due anni fa?
La società italiana è caratterizzata da una parte di società, la cui situazione ancora oggi è più che rosea, anche grazie ad una serie di leggi a loro favore. Questo per molti versi vale per le libere professioni, per le professioni del settore terziario, tutelate mediante sistemi tariffari, ordini professionali come quelli dei notai, avvocati, e dei medici. L'altra parte, ossia la maggioranza della popolazione guadagna sempre molto meno di quanto percepirebbe Germania, e che, sempre più spesso, non è più in grado di campare con il proprio stipendio. Tra questi ci sono dunque particolari settori dell'economia, aree di consumo, che stanno particolarmente soffrendo la crisi al momento.
L'Italia è maggiormente gravata da una burocrazia lenta o magari più vulnerabie alla corruzione e l nepotismo, rispetto ai paesi del Nord Europa? Questa è anche un’opinione o meglio un pregiudizio molto diffuso.
La burocrazia italiana è ben diversa, da come la intendiamo noi in Germania. È strutturata molto politicamente. La definizione dei funzionari politici va molto, molto, oltre la concezione tedesca. Di fatto le elezioni producono molte persone che poi vanno a ricoprire funzioni important, ma che spesso non sono abbastanza preparate dal punto di vista professionale per affrontare il futuro, ma piuttosto si trovano lì per il loro orientamento politico. Credo che questo sia certamente il più grande collo di bottiglia nel sistema burocratico italiano.
Se ho capito bene, in realtà non importa quale partito politico si metta al timone. Una grande scelta, su quello che deve fare, il nuovo governo non ce l’ha. In qualche modo, deve proseguire la strada delle riforme?
Se si guardano le dichiarazioni e i programmi dei partiti politici, il grande blocco dei partiti di centro-sinistra e di centro-destra sono effettivamente concordi nelle linee guida. Ma poi come metterle in pratica alla fine, è quello che tutti attendono con ansia.
Norbert Pudzich è amministratore delegato della Camera di Commercio italo tedesca che ha sede a Milano. Il nord Italia, è il cuore della produzione industriale del paese. La camera di commercio consiglia e tutela le aziende tedesche e italiane vogliono instaurare rapporti di collaborazione, di fatto la rappresentante ufficiale dell'economia tedesca in Italia.
„Italia in coma“
Italien Liegt in Koma
di Julia Fiedler
Pubblicato in Germania il 15 febbraio 2013
Traduzione di Claudia Marruccelli
Mafia potente e politici corrotti. Il caporedattore dell’Economist Bill Emmott parla del suo film sull’Italia e del suo amore frustrato.
Zeit Online: Signor Emmott, lei è innamorato?
Bill Emmott: Se vogliamo metterla così, sì. L'Italia è la mia fidanzata.
ZO: Nel suo nuovo film, realizzato insieme alla regista Annalisa Piras, non sembra così innamorato, piuttosto preoccupato e triste.
Emmott: E’ vero. Per questo abbiamo intitolato il film “Girlfriend in a coma”. L'Italia è malata. Il paese è in coma.
ZO: Com’è giunto a questa diagnosi?
Emmott: Il paese è ammalato e la situazione è peggiorata negli ultimi venti anni. Gli italiani non vogliono rendersi conto della grave situazione, ecco il motivo del titolo: è come se l’intero paese fosse in coma.
ZO: Nel suo film cita la „La mala Italia“, cos’è che non va?
Emmott: Molte cose. Nel settore dell’economia ci sono molte barriere, aprire una nuova azienda o espanderla è complicato. I concorsi sono bloccati. Sono poche le imprese straniere che investono in Italia. L’economia italiana è dominata da troppi interessi personali, il clientelismo è troppo diffuso. La mafia ha un potere enorme. I politici sono corrotti.
ZO: Non pensa di esagerare un po‘?
Emmott: Le cose stanno così: chi cerca un lavoro, non importa se tassista, architetto o giornalista, deve conoscere qualcuno che gli dia una mano. Non sono i più capaci che ottengono un posto di lavoro, ma quelli più influenti. Questo riduce la qualità del lavoro. L’Italia si sta allontanando dalla meritocrazia. Non c’è da meravigliarsi se l’anno scorso il paese ha ottenuto la peggiore percentuale di crescita in Europa.
ZO: Cosa dovrebbe succedere?
Emmett: Una soluzione potrebbe essere sicuramente una maggiore liberalizzazione. L’Italia deve decidersi a creare un mercato interno più funzionale. Le trattative commerciali tra l’Italia e i paesi della zona euro sono più snelle di quelle che avvengono all’interno del territorio stesso. Il mercato locale è dominato dalla mafia. Questi limiti devono cadere, per permettere lo sviluppo della creatività e dell’innovazione.
ZO: L’Europa come può essere d’aiuto?
Emmett: Il patto fiscale europeo si basa fondamentalmente su dolorose riforme quali l’aumento delle tasse. Questo è un problema. Invece si dovrebbero fare riforme strutturali che liberalizzino il mercato.
ZO: Lei è inglese, come mai l’Italia l’affascina così?
Emmott: Quando avevo 18 anni sono stato parecchie settimane in giro per l’Italia con dei compagni di scuola. Era la prima volta che lasciavo l’Inghilterra. La storia italiana, la sua cultura e l’arte mi hanno veramente colpito, così come un forte senso della famiglia e della comunità. E’ allora che mi sono innamorato dell’Italia.
ZO: Da allora sono passati 30 anni
Emmet: Per vent’anni avevo dimenticato l’Italia. Sono stato parecchi anni in Giappone. Poi undici anni fa ho iniziato a scrivere sull’Italia per l’Economist e ho riscoperto il mio amore per questo paese. Siamo rimasti scioccati della situazione italiana. Secondo noi Berlusconi è incapace di governare il paese.
ZO: Anche se incapace di governare, ha una grossa abilità nel restare al potere. Sembra immortale, nonostante i suoi sbagli riesce sempre a ritornare.
Emmott:Berlusconi potrebbe essere paragonato a Frank Sinatra. Celebra continuamente il suo ritorno. Si atteggia da superstar, vuole apparire affascinante e giovane. Si fa vedere in giro sempre attorniato da appariscenti donne dello spettacolo. E la cosa strana oltretutto è che molti italiani sono invidiosi di lui. Pensano, che male c’è ad essere così famosi?
ZO: Ma Berlusconi è corrotto, l’anno scorso è stato condannato per frode fiscale e fondi neri. E’ il campione dei corrotti.
Emmott: Il problema in Italia è che la corruzione dilaga in qualsiasi partito. Gli italiani sanno bene che Berlusconi è corrotto. Ma anche un parlamentare di sinistra non è certo migliore. Berlusconi è potente, perché è ricco, dice esattamente ciò che la gente vuole sentirsi dire e riesce a convincerli tutti con le sue televisioni.
ZO: Alla fine della prossima settimana in Italia si vota. La popolarità di Berlusconi secondo i recenti sondaggi è in crescita. Ha qualche probabilità [di vincere]?
Emmett: Tutto può sempre succedere. Ma non penso che riuscirà a vincere. Piuttosto scommetto su un’alleanza tra l’attuale premier Mario Monti e Pier Luigi Bersani con la coalizione di centro sinistra. Questo impedirebbe un eventuale ritorno di Berlusconi come Primo Ministro. Ma non credo proprio che Berlusconi voglia fare il premier.
ZO: Cosa glielo fa pensare?
Emmott: Se Berlusconi ritornasse a fare il premier, i mercati finanziari venderebbero immediatamente i titoli di stato italiani, perché di Berlusconi non ci si può fidare. Lo metterebbero alle strette e dovrebbe attuare delle riforme, che sarebbero dolorose per il paese. Non ne ha alcuna intenzione, perché la sua popolarità ne risentirebbe. Credo che preferisca piuttosto restare all’interno di una salda opposizione e vincere le prossime elezioni.
ZO: Ci sono politici che le ispirano fiducia?
Ememtt: Il presidente della Repubblica italiana Giorgio Napolitano negli ultimi due anni ha sempre ripetuto che l’Italia deve svegliarsi e guardare in faccia la realtà. Anche io sono di questo parere. La popolazione deve fare maggiori pressioni sul governo e costringerlo a fare di più. Solo così si possono realizzare le riforme. Le donne e i giovani italiani, che restano esclusi dal sistema politico italiano, potrebbero giocare un ruolo decisivo. Devono solo crederci nel cambiamento.
ZO: E‘ possibile quindi che la sua fidanzata Italia, si svegli finalmente dal coma?
Emmott: Lo spero proprio ma sono scettico, il cambiamento non è ancora iniziato.
di Julia Fiedler
Pubblicato in Germania il 15 febbraio 2013
Traduzione di Claudia Marruccelli
Mafia potente e politici corrotti. Il caporedattore dell’Economist Bill Emmott parla del suo film sull’Italia e del suo amore frustrato.
Zeit Online: Signor Emmott, lei è innamorato?
Bill Emmott: Se vogliamo metterla così, sì. L'Italia è la mia fidanzata.
ZO: Nel suo nuovo film, realizzato insieme alla regista Annalisa Piras, non sembra così innamorato, piuttosto preoccupato e triste.
Emmott: E’ vero. Per questo abbiamo intitolato il film “Girlfriend in a coma”. L'Italia è malata. Il paese è in coma.
ZO: Com’è giunto a questa diagnosi?
Emmott: Il paese è ammalato e la situazione è peggiorata negli ultimi venti anni. Gli italiani non vogliono rendersi conto della grave situazione, ecco il motivo del titolo: è come se l’intero paese fosse in coma.
ZO: Nel suo film cita la „La mala Italia“, cos’è che non va?
Emmott: Molte cose. Nel settore dell’economia ci sono molte barriere, aprire una nuova azienda o espanderla è complicato. I concorsi sono bloccati. Sono poche le imprese straniere che investono in Italia. L’economia italiana è dominata da troppi interessi personali, il clientelismo è troppo diffuso. La mafia ha un potere enorme. I politici sono corrotti.
ZO: Non pensa di esagerare un po‘?
Emmott: Le cose stanno così: chi cerca un lavoro, non importa se tassista, architetto o giornalista, deve conoscere qualcuno che gli dia una mano. Non sono i più capaci che ottengono un posto di lavoro, ma quelli più influenti. Questo riduce la qualità del lavoro. L’Italia si sta allontanando dalla meritocrazia. Non c’è da meravigliarsi se l’anno scorso il paese ha ottenuto la peggiore percentuale di crescita in Europa.
ZO: Cosa dovrebbe succedere?
Emmett: Una soluzione potrebbe essere sicuramente una maggiore liberalizzazione. L’Italia deve decidersi a creare un mercato interno più funzionale. Le trattative commerciali tra l’Italia e i paesi della zona euro sono più snelle di quelle che avvengono all’interno del territorio stesso. Il mercato locale è dominato dalla mafia. Questi limiti devono cadere, per permettere lo sviluppo della creatività e dell’innovazione.
ZO: L’Europa come può essere d’aiuto?
Emmett: Il patto fiscale europeo si basa fondamentalmente su dolorose riforme quali l’aumento delle tasse. Questo è un problema. Invece si dovrebbero fare riforme strutturali che liberalizzino il mercato.
ZO: Lei è inglese, come mai l’Italia l’affascina così?
Emmott: Quando avevo 18 anni sono stato parecchie settimane in giro per l’Italia con dei compagni di scuola. Era la prima volta che lasciavo l’Inghilterra. La storia italiana, la sua cultura e l’arte mi hanno veramente colpito, così come un forte senso della famiglia e della comunità. E’ allora che mi sono innamorato dell’Italia.
ZO: Da allora sono passati 30 anni
Emmet: Per vent’anni avevo dimenticato l’Italia. Sono stato parecchi anni in Giappone. Poi undici anni fa ho iniziato a scrivere sull’Italia per l’Economist e ho riscoperto il mio amore per questo paese. Siamo rimasti scioccati della situazione italiana. Secondo noi Berlusconi è incapace di governare il paese.
ZO: Anche se incapace di governare, ha una grossa abilità nel restare al potere. Sembra immortale, nonostante i suoi sbagli riesce sempre a ritornare.
Emmott:Berlusconi potrebbe essere paragonato a Frank Sinatra. Celebra continuamente il suo ritorno. Si atteggia da superstar, vuole apparire affascinante e giovane. Si fa vedere in giro sempre attorniato da appariscenti donne dello spettacolo. E la cosa strana oltretutto è che molti italiani sono invidiosi di lui. Pensano, che male c’è ad essere così famosi?
ZO: Ma Berlusconi è corrotto, l’anno scorso è stato condannato per frode fiscale e fondi neri. E’ il campione dei corrotti.
Emmott: Il problema in Italia è che la corruzione dilaga in qualsiasi partito. Gli italiani sanno bene che Berlusconi è corrotto. Ma anche un parlamentare di sinistra non è certo migliore. Berlusconi è potente, perché è ricco, dice esattamente ciò che la gente vuole sentirsi dire e riesce a convincerli tutti con le sue televisioni.
ZO: Alla fine della prossima settimana in Italia si vota. La popolarità di Berlusconi secondo i recenti sondaggi è in crescita. Ha qualche probabilità [di vincere]?
Emmett: Tutto può sempre succedere. Ma non penso che riuscirà a vincere. Piuttosto scommetto su un’alleanza tra l’attuale premier Mario Monti e Pier Luigi Bersani con la coalizione di centro sinistra. Questo impedirebbe un eventuale ritorno di Berlusconi come Primo Ministro. Ma non credo proprio che Berlusconi voglia fare il premier.
ZO: Cosa glielo fa pensare?
Emmott: Se Berlusconi ritornasse a fare il premier, i mercati finanziari venderebbero immediatamente i titoli di stato italiani, perché di Berlusconi non ci si può fidare. Lo metterebbero alle strette e dovrebbe attuare delle riforme, che sarebbero dolorose per il paese. Non ne ha alcuna intenzione, perché la sua popolarità ne risentirebbe. Credo che preferisca piuttosto restare all’interno di una salda opposizione e vincere le prossime elezioni.
ZO: Ci sono politici che le ispirano fiducia?
Ememtt: Il presidente della Repubblica italiana Giorgio Napolitano negli ultimi due anni ha sempre ripetuto che l’Italia deve svegliarsi e guardare in faccia la realtà. Anche io sono di questo parere. La popolazione deve fare maggiori pressioni sul governo e costringerlo a fare di più. Solo così si possono realizzare le riforme. Le donne e i giovani italiani, che restano esclusi dal sistema politico italiano, potrebbero giocare un ruolo decisivo. Devono solo crederci nel cambiamento.
ZO: E‘ possibile quindi che la sua fidanzata Italia, si svegli finalmente dal coma?
Emmott: Lo spero proprio ma sono scettico, il cambiamento non è ancora iniziato.
18 febbraio, 2013
Un comico conquista l’Italia!
Ein Komiker erobert Italien
di GIADA ZAMPANO und STACY MEICHTRY
Pubblicato in Germania l'11 febbraio 2013
Traduzione di Claudia Marruccelli
Fondato quattro anni fa dal comico Beppe Grillo per dichiarare guerra al governo del paese, il Movimento cinque stelle ha acquisito oggi una tale notorietà, che potrebbe presto diventare una delle forze politiche italiane più influenti. "Questo mondo - il mondo occidentale - ha fallito. Abbiamo urgente bisogno di un piano B. E siamo noi questo piano B, ha detto domenica a Verona il 64enne. "Ci siamo moltiplicati come un virus."
Grillo gira per il paese a caccia di voti. Il 24 e 25 febbraio, si terranno in tutto il territorio italiano le elezioni legislative. A meno di due settimane dal voto, il Movimento di Grillo scatena l’entusiasmo di almeno il 18 per cento degli elettori italiani, secondo i sondaggi, affermandosi così come il terzo partito d’Italia, preceduto soltanto dal PD del centro-sinistra e dal PdL, partito populista di destra dell'ex premier Silvio Berlusconi, e lasciandosi alle spalle la lista del primo ministro uscente Mario Monti. Se il Movimento cinque stelle dovesse realmente mantenere questo risultato, potrebbe ottenere almeno 80 seggi in parlamento, cosa che basterebbe per diventare un fattore determinante negli equilibri di potere.
I sostenitori e i critici del comico sono tutti d'accordo: l’ascesa di Grillo lascia trasparire la sfiducia degli italiani nei confronti dei partiti tradizionali e della casta politica che governa il paese, accusata da gran parte degli elettori di decenni di malgoverno, e di aver causato l’indebitamento stratosferico che ora ha raggiunto il 126 per cento del PIL e che lo scorso anno ha trascinato l’Italia nel vortice della crisi del debito europeo.
Grillo ha iniziato la sua carriera di comico negli anni ottanta, quando riempiva le sale dei teatri e dei cabaret di Milano, frequentatissimi dagli artisti dell’improvvisazione. Non si colloca ne’ a destra ne’ a sinistra. In caso di vittoria ha promesso agli italiani un referendum per decidere se restare nella zona euro. Inoltre, si darà da fare affinché in parlamento non possano più essere eletti politici gravati da condanne penali.
Tuttavia, il suo nome non comparirà sulla scheda elettorale. Grillo nel 1981 è stato condannato con l’accusa di omicidio colposo, per aver causato la morte di tre persone uscendo di strada con la sua jeep. Inoltre ha dichiarato di volersi attenere alle direttive del suo partito, contrario alla nomina di persone gravate da condanne, restando in disparte, lontano da centri di potere, tenendo d’occhio il suo raggruppamento dall’esterno. "Il mio ruolo è quello di guardiano," dice.
In giro in campagna elettorale riempie auditorium e piazze. Il suo programma e il suo linguaggio piuttosto colorito, per dirla con un eufemismo, sono motivo di accese discussioni. Nessun altro riesce a polarizzare l'opinione pubblica italiana tanto quanto Grillo. I suoi sostenitori lo vedono come un simpatico agitatore che rimesta nel fango, alla ricerca di scandali in cui sono coinvolti i privilegiati, per mettere in ridicolo i potenti.
I suoi critici lo definiscono un moderno Girolamo Savonarola. Il fanatico predicatore nato a Ferrara nel XV secolo si scagliava con parole di fuoco contro lo squallore delle classi dominanti trascinando la popolazione dalla sua parte. A Firenze numerosi giovani aizzati da Savonarola, in nome di Cristo, fecero incetta di numerosi oggetti di lusso a loro giudizio considerati peccaminosi bruciandoli poi in un "falò delle vanità". Berlusconi ha recentemente definito il movimento di Grillo di “estrema sinistra". Tuttavia, ha anche ammesso che "il gruppo di Grillo è un legittimo partito di protesta" perché i politici si stanno mostrando nella loro luce peggiore.”
In un’Italia dominata dagli scandali il ricognitore Grillo ha davvero un bel da fare. Non si è lasciato sfuggire neanche la tempesta che circonda la banca toscana Monte dei Paschi di Siena, in cui da alcuni anni si sono accumulate perdite per centinaia di milioni di euro causate da operazioni finanziate con titoli illeciti. Per essere ammesso all’ultima Assemblea generale degli azionisti, dove ha insultato il direttore dell’istituto bancario, Grillo ha acquistato una manciata di azioni della banca.
"Come azionista, cittadino e persona vorrei fare chiarezza sulla scomparsa di questi soldi. Chi li ha presi? Mettiamoli sul banco degli imputati e lasciamo che siano processati dall’opinione pubblica. Questa azione ha dato una forte spinta al suo partito nei sondaggi, mentre il Partito Democratico, da anni ammanicato con la banca, precipita.
Grillo è stato scoperto da un presentatore televisivo negli anni ottanta e portato alla ribalta delle televisioni nazionali. Per un lungo periodo di tempo è stato onnipresente sugli schermi televisivi. La sua predilezione per la mancanza di rispetto non andava bene ai partiti politici, che a quel tempo controllavano la televisione di stato italiana. Nel 1986, una delle sue barzellette sul partito socialista, che allora era al governo, gli costò la carriera televisiva, Grillo ricorda. Da allora si è mostrato sempre molto scettico circa la televisione italiana. Preferisce mostrarsi su nuovi canali quali internet e comparire in luoghi pubblici.
Nel 2005, Grillo assieme a un consulente mediatico mise in piedi un blog dove iniziò a svelare crimini nelle imprese e scandali per corruzione che coinvolgevano il governo. Il suo blog ben presto divenne uno dei siti più visitati in tutta Italia, mediante il quale, tra l’altro poteva comodamente tenere informati suoi seguaci sugli incontri ed eventi che molti suoi sostenitori organizzavano in tutto il paese.
Roberta Lombardi è stata una dei suoi primi sostenitori. La venditrice di mobili si è candidata nelle prossime elezioni per un seggio alla camera dei deputati, dopo aver vinto le primarie di partito, che si sono svolte lo scorso anno esclusivamente via internet. Questo esperimento di 'democrazia diretta' si spera verrà attuato anche al Parlamento, ha dichiarato. In caso di elezione lei e gli altri membri del gruppo hanno intenzione di confrontarsi regolarmente tramite internet con le altre decine di migliaia di sostenitori del movimento. "Lavoreremo in maniera completamente trasparente. Non dimenticheremo da dove siamo venuti " promette la Lombardi.
Finora, Grillo ha consegnato solo uno schizzo approssimativo delle sue intenzioni politiche. Egli vuole abbattere le grandi aziende statali come il gigante del petrolio ENI e Telecom Italia, che rappresentano per lui un "monopolio"; vuole abbattere la scure sulla spesa pubblica, tagliare l’imposizione fiscale sugli stipendi dei lavoratori ed aumentare le tasse per le imprese, "che sprecano combustibile e energia".
Chi è in cerca di lavoro dovrebbe avere diritto per tre anni al contributo di disoccupazione per un importo mensile di 1000 euro, ha detto. Chi rifiuta più di tre volte un posto di lavoro, perderà il sussidio. Grillo è favorevole anche ad un "revival del protezionismo" nel prossimo governo. Le aziende italiane che assumono personale locale dovrebbero essere tutelate dalla concorrenza straniera.
di GIADA ZAMPANO und STACY MEICHTRY
Pubblicato in Germania l'11 febbraio 2013
Traduzione di Claudia Marruccelli
Fondato quattro anni fa dal comico Beppe Grillo per dichiarare guerra al governo del paese, il Movimento cinque stelle ha acquisito oggi una tale notorietà, che potrebbe presto diventare una delle forze politiche italiane più influenti. "Questo mondo - il mondo occidentale - ha fallito. Abbiamo urgente bisogno di un piano B. E siamo noi questo piano B, ha detto domenica a Verona il 64enne. "Ci siamo moltiplicati come un virus."
Grillo gira per il paese a caccia di voti. Il 24 e 25 febbraio, si terranno in tutto il territorio italiano le elezioni legislative. A meno di due settimane dal voto, il Movimento di Grillo scatena l’entusiasmo di almeno il 18 per cento degli elettori italiani, secondo i sondaggi, affermandosi così come il terzo partito d’Italia, preceduto soltanto dal PD del centro-sinistra e dal PdL, partito populista di destra dell'ex premier Silvio Berlusconi, e lasciandosi alle spalle la lista del primo ministro uscente Mario Monti. Se il Movimento cinque stelle dovesse realmente mantenere questo risultato, potrebbe ottenere almeno 80 seggi in parlamento, cosa che basterebbe per diventare un fattore determinante negli equilibri di potere.
I sostenitori e i critici del comico sono tutti d'accordo: l’ascesa di Grillo lascia trasparire la sfiducia degli italiani nei confronti dei partiti tradizionali e della casta politica che governa il paese, accusata da gran parte degli elettori di decenni di malgoverno, e di aver causato l’indebitamento stratosferico che ora ha raggiunto il 126 per cento del PIL e che lo scorso anno ha trascinato l’Italia nel vortice della crisi del debito europeo.
Grillo ha iniziato la sua carriera di comico negli anni ottanta, quando riempiva le sale dei teatri e dei cabaret di Milano, frequentatissimi dagli artisti dell’improvvisazione. Non si colloca ne’ a destra ne’ a sinistra. In caso di vittoria ha promesso agli italiani un referendum per decidere se restare nella zona euro. Inoltre, si darà da fare affinché in parlamento non possano più essere eletti politici gravati da condanne penali.
Tuttavia, il suo nome non comparirà sulla scheda elettorale. Grillo nel 1981 è stato condannato con l’accusa di omicidio colposo, per aver causato la morte di tre persone uscendo di strada con la sua jeep. Inoltre ha dichiarato di volersi attenere alle direttive del suo partito, contrario alla nomina di persone gravate da condanne, restando in disparte, lontano da centri di potere, tenendo d’occhio il suo raggruppamento dall’esterno. "Il mio ruolo è quello di guardiano," dice.
In giro in campagna elettorale riempie auditorium e piazze. Il suo programma e il suo linguaggio piuttosto colorito, per dirla con un eufemismo, sono motivo di accese discussioni. Nessun altro riesce a polarizzare l'opinione pubblica italiana tanto quanto Grillo. I suoi sostenitori lo vedono come un simpatico agitatore che rimesta nel fango, alla ricerca di scandali in cui sono coinvolti i privilegiati, per mettere in ridicolo i potenti.
I suoi critici lo definiscono un moderno Girolamo Savonarola. Il fanatico predicatore nato a Ferrara nel XV secolo si scagliava con parole di fuoco contro lo squallore delle classi dominanti trascinando la popolazione dalla sua parte. A Firenze numerosi giovani aizzati da Savonarola, in nome di Cristo, fecero incetta di numerosi oggetti di lusso a loro giudizio considerati peccaminosi bruciandoli poi in un "falò delle vanità". Berlusconi ha recentemente definito il movimento di Grillo di “estrema sinistra". Tuttavia, ha anche ammesso che "il gruppo di Grillo è un legittimo partito di protesta" perché i politici si stanno mostrando nella loro luce peggiore.”
In un’Italia dominata dagli scandali il ricognitore Grillo ha davvero un bel da fare. Non si è lasciato sfuggire neanche la tempesta che circonda la banca toscana Monte dei Paschi di Siena, in cui da alcuni anni si sono accumulate perdite per centinaia di milioni di euro causate da operazioni finanziate con titoli illeciti. Per essere ammesso all’ultima Assemblea generale degli azionisti, dove ha insultato il direttore dell’istituto bancario, Grillo ha acquistato una manciata di azioni della banca.
"Come azionista, cittadino e persona vorrei fare chiarezza sulla scomparsa di questi soldi. Chi li ha presi? Mettiamoli sul banco degli imputati e lasciamo che siano processati dall’opinione pubblica. Questa azione ha dato una forte spinta al suo partito nei sondaggi, mentre il Partito Democratico, da anni ammanicato con la banca, precipita.
Grillo è stato scoperto da un presentatore televisivo negli anni ottanta e portato alla ribalta delle televisioni nazionali. Per un lungo periodo di tempo è stato onnipresente sugli schermi televisivi. La sua predilezione per la mancanza di rispetto non andava bene ai partiti politici, che a quel tempo controllavano la televisione di stato italiana. Nel 1986, una delle sue barzellette sul partito socialista, che allora era al governo, gli costò la carriera televisiva, Grillo ricorda. Da allora si è mostrato sempre molto scettico circa la televisione italiana. Preferisce mostrarsi su nuovi canali quali internet e comparire in luoghi pubblici.
Nel 2005, Grillo assieme a un consulente mediatico mise in piedi un blog dove iniziò a svelare crimini nelle imprese e scandali per corruzione che coinvolgevano il governo. Il suo blog ben presto divenne uno dei siti più visitati in tutta Italia, mediante il quale, tra l’altro poteva comodamente tenere informati suoi seguaci sugli incontri ed eventi che molti suoi sostenitori organizzavano in tutto il paese.
Roberta Lombardi è stata una dei suoi primi sostenitori. La venditrice di mobili si è candidata nelle prossime elezioni per un seggio alla camera dei deputati, dopo aver vinto le primarie di partito, che si sono svolte lo scorso anno esclusivamente via internet. Questo esperimento di 'democrazia diretta' si spera verrà attuato anche al Parlamento, ha dichiarato. In caso di elezione lei e gli altri membri del gruppo hanno intenzione di confrontarsi regolarmente tramite internet con le altre decine di migliaia di sostenitori del movimento. "Lavoreremo in maniera completamente trasparente. Non dimenticheremo da dove siamo venuti " promette la Lombardi.
Finora, Grillo ha consegnato solo uno schizzo approssimativo delle sue intenzioni politiche. Egli vuole abbattere le grandi aziende statali come il gigante del petrolio ENI e Telecom Italia, che rappresentano per lui un "monopolio"; vuole abbattere la scure sulla spesa pubblica, tagliare l’imposizione fiscale sugli stipendi dei lavoratori ed aumentare le tasse per le imprese, "che sprecano combustibile e energia".
Chi è in cerca di lavoro dovrebbe avere diritto per tre anni al contributo di disoccupazione per un importo mensile di 1000 euro, ha detto. Chi rifiuta più di tre volte un posto di lavoro, perderà il sussidio. Grillo è favorevole anche ad un "revival del protezionismo" nel prossimo governo. Le aziende italiane che assumono personale locale dovrebbero essere tutelate dalla concorrenza straniera.
14 febbraio, 2013
Un Papa non scappa, dà l’esempio
Ein Papst läuft nicht weg, er gibt ein Beispiel
di Dirk Schümer
Pubblicato in Germania l'11 febbraio 2013
Traduzione di Claudia Marruccelli
Con le sue dimissioni, Benedetto XVI diventa la luce che illumina il cammino di coloro che intendono amministrare in maniera moderna e offre al mondo intero uno straordinario modello di figura storica da prendere ad esempio.
Un papa in pensione? Un pontefice a riposo? Difficile da immaginare, ma da oggi perfettamente verosimile. Il Papa si è dimesso – non per contrasti verso il suo operato o per un’allettante offerta dal mondo economico, ma per ragioni di età, debolezza, stanchezza. Questi sono concetti che non ricorrono nel mondo carrieristico dei grandi imprenditori mediatici e della politica, ma Joseph Ratzinger non ha mai avuto problemi di carriera. Anche il fatto che le sue sensazionali dimissioni coincidessero con le sfilate di carnevale nelle roccaforti cattoliche del suo paese e il chiassoso Festival della Canzone di San Remo nel paese che lo ospita, non hanno di certo minimamente preoccupato quest’uomo caparbio.
Venerdì scorso, in una Lectio ai seminaristi di Roma, Benedetto XVI ha parlato dell’arrivo di Pietro a Roma: il primo Papa della Chiesa cattolica sapeva bene che qui, in questo luogo di perdizione, avrebbe trovato il martirio. E quanto sia difficile, ancora duemila anni dopo, costruire e reggere una chiesa mondiale autonoma, in una Roma metropoli delle istituzioni ma anche di intrighi, nessuno lo sapeva meglio del teologo del concilio romano Ratzinger, da molti anni cardinale nella capitale e intimo amico di Wojtyla.
Dimissioni in un momento di calma
Il Cardinale Ratzinger era sicuramente al corrente delle possibili dimissioni per motivi di salute del suo predecessore – Giovanni Paolo II ormai quasi immobilizzato dalla malattia, sognava di trascorrere i suoi ultimi giorni in un convento in Polonia. Già allora il “Papabile” aveva confidato ad alcune persone di sua fiducia, che avrebbe evitato una situazione di simile gravità durante l’incarico, anche in nome della Chiesa. Ratzinger da parte sua eletto non proprio a sorpresa in età avanzata, aveva cercato di attenuare il lato estenuante del suo incarico attraverso il lavoro, uno stile di vita morigerato, cibo sano, un ritorno alla vita intellettuale e una rigida distribuzione dei compiti. Ma questo regime di vita non è stato sufficiente.
Ora, quando cardinali e politici parlano di “un fulmine a ciel sereno”, è segno che conoscono davvero poco questo Papa particolarmente timido, simpaticamente indaffarato e in ultima analisi solo, mai del tutto a proprio agio nella sacralità del proprio ufficio e che a volte parlava della chiesa ufficiale come di una multinazionale, cosa che di certo non ha condizionato la sua devota spiritualità. Nel libro intervista “Luce del mondo” del 2010 si legge: “A volte sono preoccupato e mi domando, se ce la farò a fare fronte a tutto, anche dal punto di vista fisico”. E prosegue con molta sincerità, che non ci si può dimettere quando la Chiesa è in crisi, ma bisogna farlo in un momento di tranquillità.
Luce che illumina il, cammino di chi vuole governare con modernità.
Dopo aver tentato con forza di arginare lo scandalo a sfondo sessuale e dopo le fatiche del periodo natalizio, il Papa certo si aspettava un momento di calma. In Italia, dove Ratzinger non ha mai realmente goduto di popolarità, subito dopo l’annuncio delle dimissioni si è parlato della “profezia di Nanni Moretti”, un’allusione al film “Habemus Papam” in cui Michel Piccoli interpreta un papa che si dimette sotto il peso del suo incarico. Dimissionario fu anche Celestino V, eletto Papa ormai molto anziano nel 1294, costretto alle dimissioni da intrighi politici e tenuto prigioniero fino alla sua morte dal suo successore. Questo teatrino storico sicuramente non ha nulla a che vedere con i recentissimi fatti. Poiché Benedetto XVI non si è affatto sottratto ai suoi doveri; ha tenuto duro più volte, fino a quando poteva essere d’aiuto alla chiesa. In momenti come la lettura dell’Angelus all’inizio di novembre, quando il Papa ebbe difficoltà a leggere e confessò di avere problemi alla vista, era chiaramente evidente il disagio di quest’uomo spiritualmente inflessibile nel mostrarsi un papa fisicamente menomato.
In verità, alla fine del suo pontificato, Benedetto riesce ancora ad essere un faro per i governanti moderni, cosa che in campo teologico non ci si sarebbe mai aspettati da un uomo incerto ma assolutamente integerrimo. La riconciliazione con la Chiesa ortodossa, l’appianamento di vedute con i protestanti, la fine del celibato, il lassismo dei comportamenti sessuali - tali sconvolgimenti storici durante il suo ministero, non certo al passo con i tempi, non sono stati facili da affrontare per il Papa bibliofilo, che preferiva dedicarsi alla stesura di una sua biografia di Gesù completamente isolato dal mondo. Invece, con tipico pragmatismo tedesco, si è preso a cuore almeno l’onere della guida della chiesa mondiale, del cui apparato era più di ogni altro profondo conoscitore, migliorandolo con nuovo personale, una morale più severa, solide finanze e rendendo più accessibili i canali di comunicazione.
Una spartana e meritata pensione
Lo "scandalo Vatileaks” - quello del cameriere di fiducia che aveva conservato documenti segreti (per conto di chi non si sa) per venderli ai media, era solo il segno più drammatico di quanto si fosse nuovamente diffusa la lotta per il potere, influenzando e facendo pressioni nella corte papale. Le logge italiane al Vaticano già da anni lasciavano trasparire quanto Benedetto fosse amareggiato, se non disgustato da questa lotta al potere. A volte il Papa avrebbe comunicato con il suo entourage solo tramite bigliettini, passati sotto la porta chiusa della sua camera. Così anche la sua decisione di ieri, ha lasciato completamente di stucco la curia, i cui membri erano talmente abili da riuscire persino a sentire il rumore dell’erba che cresce.
L’ultima pietra miliare di una riforma almeno dal punto di vista organizzativo, lontana dal carismatico pontificato di Karol Wojtyła così ossessionato dai viaggi, è l’esortazione a tutto l’apparato ecclesiastico a non gravare eccessivamente la propria guida attribuendole esagerate doti di guida spirituale. Questo lavoro estenuante oggi non richiede nessun contratto che preveda di diventar vecchi e malati fino a morte redentrice, perché in Vaticano esistono da sempre congreghe oscuri - di provenienza principalmente italosudamericana - preoccupati di mantenere il proprio dominio di fatto, coperti per anni da figure di papi fantoccio corrotti. Benedetto XVI non ha voluto diventare una marionetta cedendo la sua Chiesa a un esercito segreto di questo genere. Questo è il messaggio.
E' strano che finora nessun altro papa moderno si sia appellato all’articolo 332, paragrafo 2, del diritto canonico e si sia dimesso per infermità. Ma non è certo un caso che lo abbia fatto questo algido e timido intellettuale bavarese che, ammodernando a fatica un papato arcaico, ora però ne diventa una figura storica. Si è guadagnato duramente gli anni della sua pensione, che trascorrerà nel convento delle monache di clausura in Vaticano.
di Dirk Schümer
Pubblicato in Germania l'11 febbraio 2013
Traduzione di Claudia Marruccelli
Con le sue dimissioni, Benedetto XVI diventa la luce che illumina il cammino di coloro che intendono amministrare in maniera moderna e offre al mondo intero uno straordinario modello di figura storica da prendere ad esempio.
Un papa in pensione? Un pontefice a riposo? Difficile da immaginare, ma da oggi perfettamente verosimile. Il Papa si è dimesso – non per contrasti verso il suo operato o per un’allettante offerta dal mondo economico, ma per ragioni di età, debolezza, stanchezza. Questi sono concetti che non ricorrono nel mondo carrieristico dei grandi imprenditori mediatici e della politica, ma Joseph Ratzinger non ha mai avuto problemi di carriera. Anche il fatto che le sue sensazionali dimissioni coincidessero con le sfilate di carnevale nelle roccaforti cattoliche del suo paese e il chiassoso Festival della Canzone di San Remo nel paese che lo ospita, non hanno di certo minimamente preoccupato quest’uomo caparbio.
Venerdì scorso, in una Lectio ai seminaristi di Roma, Benedetto XVI ha parlato dell’arrivo di Pietro a Roma: il primo Papa della Chiesa cattolica sapeva bene che qui, in questo luogo di perdizione, avrebbe trovato il martirio. E quanto sia difficile, ancora duemila anni dopo, costruire e reggere una chiesa mondiale autonoma, in una Roma metropoli delle istituzioni ma anche di intrighi, nessuno lo sapeva meglio del teologo del concilio romano Ratzinger, da molti anni cardinale nella capitale e intimo amico di Wojtyla.
Dimissioni in un momento di calma
Il Cardinale Ratzinger era sicuramente al corrente delle possibili dimissioni per motivi di salute del suo predecessore – Giovanni Paolo II ormai quasi immobilizzato dalla malattia, sognava di trascorrere i suoi ultimi giorni in un convento in Polonia. Già allora il “Papabile” aveva confidato ad alcune persone di sua fiducia, che avrebbe evitato una situazione di simile gravità durante l’incarico, anche in nome della Chiesa. Ratzinger da parte sua eletto non proprio a sorpresa in età avanzata, aveva cercato di attenuare il lato estenuante del suo incarico attraverso il lavoro, uno stile di vita morigerato, cibo sano, un ritorno alla vita intellettuale e una rigida distribuzione dei compiti. Ma questo regime di vita non è stato sufficiente.
Ora, quando cardinali e politici parlano di “un fulmine a ciel sereno”, è segno che conoscono davvero poco questo Papa particolarmente timido, simpaticamente indaffarato e in ultima analisi solo, mai del tutto a proprio agio nella sacralità del proprio ufficio e che a volte parlava della chiesa ufficiale come di una multinazionale, cosa che di certo non ha condizionato la sua devota spiritualità. Nel libro intervista “Luce del mondo” del 2010 si legge: “A volte sono preoccupato e mi domando, se ce la farò a fare fronte a tutto, anche dal punto di vista fisico”. E prosegue con molta sincerità, che non ci si può dimettere quando la Chiesa è in crisi, ma bisogna farlo in un momento di tranquillità.
Luce che illumina il, cammino di chi vuole governare con modernità.
Dopo aver tentato con forza di arginare lo scandalo a sfondo sessuale e dopo le fatiche del periodo natalizio, il Papa certo si aspettava un momento di calma. In Italia, dove Ratzinger non ha mai realmente goduto di popolarità, subito dopo l’annuncio delle dimissioni si è parlato della “profezia di Nanni Moretti”, un’allusione al film “Habemus Papam” in cui Michel Piccoli interpreta un papa che si dimette sotto il peso del suo incarico. Dimissionario fu anche Celestino V, eletto Papa ormai molto anziano nel 1294, costretto alle dimissioni da intrighi politici e tenuto prigioniero fino alla sua morte dal suo successore. Questo teatrino storico sicuramente non ha nulla a che vedere con i recentissimi fatti. Poiché Benedetto XVI non si è affatto sottratto ai suoi doveri; ha tenuto duro più volte, fino a quando poteva essere d’aiuto alla chiesa. In momenti come la lettura dell’Angelus all’inizio di novembre, quando il Papa ebbe difficoltà a leggere e confessò di avere problemi alla vista, era chiaramente evidente il disagio di quest’uomo spiritualmente inflessibile nel mostrarsi un papa fisicamente menomato.
In verità, alla fine del suo pontificato, Benedetto riesce ancora ad essere un faro per i governanti moderni, cosa che in campo teologico non ci si sarebbe mai aspettati da un uomo incerto ma assolutamente integerrimo. La riconciliazione con la Chiesa ortodossa, l’appianamento di vedute con i protestanti, la fine del celibato, il lassismo dei comportamenti sessuali - tali sconvolgimenti storici durante il suo ministero, non certo al passo con i tempi, non sono stati facili da affrontare per il Papa bibliofilo, che preferiva dedicarsi alla stesura di una sua biografia di Gesù completamente isolato dal mondo. Invece, con tipico pragmatismo tedesco, si è preso a cuore almeno l’onere della guida della chiesa mondiale, del cui apparato era più di ogni altro profondo conoscitore, migliorandolo con nuovo personale, una morale più severa, solide finanze e rendendo più accessibili i canali di comunicazione.
Una spartana e meritata pensione
Lo "scandalo Vatileaks” - quello del cameriere di fiducia che aveva conservato documenti segreti (per conto di chi non si sa) per venderli ai media, era solo il segno più drammatico di quanto si fosse nuovamente diffusa la lotta per il potere, influenzando e facendo pressioni nella corte papale. Le logge italiane al Vaticano già da anni lasciavano trasparire quanto Benedetto fosse amareggiato, se non disgustato da questa lotta al potere. A volte il Papa avrebbe comunicato con il suo entourage solo tramite bigliettini, passati sotto la porta chiusa della sua camera. Così anche la sua decisione di ieri, ha lasciato completamente di stucco la curia, i cui membri erano talmente abili da riuscire persino a sentire il rumore dell’erba che cresce.
L’ultima pietra miliare di una riforma almeno dal punto di vista organizzativo, lontana dal carismatico pontificato di Karol Wojtyła così ossessionato dai viaggi, è l’esortazione a tutto l’apparato ecclesiastico a non gravare eccessivamente la propria guida attribuendole esagerate doti di guida spirituale. Questo lavoro estenuante oggi non richiede nessun contratto che preveda di diventar vecchi e malati fino a morte redentrice, perché in Vaticano esistono da sempre congreghe oscuri - di provenienza principalmente italosudamericana - preoccupati di mantenere il proprio dominio di fatto, coperti per anni da figure di papi fantoccio corrotti. Benedetto XVI non ha voluto diventare una marionetta cedendo la sua Chiesa a un esercito segreto di questo genere. Questo è il messaggio.
E' strano che finora nessun altro papa moderno si sia appellato all’articolo 332, paragrafo 2, del diritto canonico e si sia dimesso per infermità. Ma non è certo un caso che lo abbia fatto questo algido e timido intellettuale bavarese che, ammodernando a fatica un papato arcaico, ora però ne diventa una figura storica. Si è guadagnato duramente gli anni della sua pensione, che trascorrerà nel convento delle monache di clausura in Vaticano.
08 febbraio, 2013
Nostalgie ... austriache
Italien ist ein krankes Land
Pubblicato in Austria il 3 febbraio 2013
Traduzione di Claudia Marruccelli
Il governatore dell’Alto Adige Luis Durnwalder considera l’Austria la sua patria e dichiara che sempre lo sarà – eccone i motivi nell'intervista con Stefan Winkler.
LUIS DURNWALDER: L'Italia è un paese malato. Deve riconquistare la fiducia dell’Europa e del mondo. La gente deve dimostrare attraverso il voto, di essere consapevole che bisogna fare qualcosa, e che sono pronti a mandar giù la medicina, per guarire il proprio paese.
Di cosa è ammalata l’Italia?
DURNWALDER: L'Italia ha vissuto oltre le proprie possibilità. Non potevano spendere più di quello che veniva incassato. Ma gli italiani per loro natura sono spensierati e superficiali, per loro vige il motto: "Cosa vuoi che sia, passerà". Però che ciò che oggi funziona, domani può trasformarsi in un disastro.
E’ l’euro la causa dei guai in Italia?
DURNWALDER: No. L’Italia è stata trattata fin troppo male a livello internazionale. Di per sé non è uno stato malato. Ha un nord forte, dove tutti sanno che bisogna darsi da fare. Ma ha anche un sud malato da tempo di cancro, la mafia, e la gente ancora si fida più dei mafiosi che dello stato. Le sue metastasi sono ampiamente ramificate. E il risultato è che ancora oggi i soldi partono dal nord per finire al sud.
Una rielezione di Berlusconi potrebbe essere considerata un disastro?
DURNWALDER: Berlusconi ha rovinato la reputazione dell'Italia all'estero. Il mondo intero ha riso di lui. Un anno e mezzo fa, sono stato in Nepal. Quando al check in dell’aeroporto hanno visto il mio passaporto, hanno fatto un mezzo sorriso e hanno detto "Bunga Bunga". In Nepal! Se Berlusconi venisse rieletto vorrebbe dire ripiombare nei soliti problemi di tutti i giorni. Il paese deve ritrovare un nuovo governo.
Il premier Mario Monti non l’ha fatto?
DURNWALDER: Monti non è un politico. È un professore, ed è stato un danno per l’Alto Adige. Però ha ottenuto anche dei buoni risultati, e ha convinto il mondo finanziario internazionale di essere lui il guaritore. Inoltre ha avuto il coraggio di dire agli italiani che il paese deve fare sacrifici. Il suo fallimento è dovuto alla mancanza di programmi per la crescita economica. Certamente ha aumentato le tasse, ma molte delle sue misure erano unilaterali e disorganizzate, tanto che c’è stato bisogno di alcune correzioni.
Lei se la prende con Monti per il fatto che se ne è infischiato dell'autonomia dell’Alto Adige Monti. Ma Roma non ha tutto il diritto di chiedere il maggior sacrificio alla sua regione più ricca?
DURNWALDER: Noi non abbiamo rubato la nostra ricchezza! Ma a Monti non importa nulla. Pur avendo rinunciato a centinaia di milioni di euro e essendo disposti a cedere anche di più, ci ha negato i fondi che ci spettavano, dicendoci "Rivolgetevi alla corte costituzionale", cosa che abbiamo fatto, e sono convinto che lo stato dovrà restituirci centinaia di milioni. Ma dove troveremo i soldi? Non si può togliere la camicia a un uomo nudo.
L'autonomia è in pericolo?
DURNWALDER: A Berlusconi non gliene frega un fico secco dell’Alto Adige. Quando ci siamo incontrati, ha parlato solo di donne, buon cibo e di vino. "Faremo Luis! – Non preoccuparti! " ha detto. E in realtà qualcosa abbiamo ottenuto. Monti invece ha trattato la questione dell’autonomia solo marginalmente. Quando ci siamo visti presi per il collo e lo abbiamo fatto presente a Vienna, ha detto che la cosa non riguardava l’Austria. Ora: se diminuiscono le possibilità di prendere decisioni autonome nel nostro paese, il richiamo dell’autodeterminazione e il desiderio di tornare in Austria si fa più forte.
Cosa ne pensa di queste richieste?
DURNWALDER: Sembra tutto molto bello. Solo che tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare. Supponiamo che gli altoatesini optino tramite un referendum per l'autodeterminazione, cosa che dubito, lei crede che avremmo una maggioranza all'ONU che ci permetta di spostare i confini dal Brennero a Salorno (basso Alto Adige, barriera simbolica tra la parte germanofona e italofona del Tirolo ndt)?
Significa ritornare indietro nella storia?
DURNWALDER: No. Noi abbiamo dato nuovo valore all’autonomia dell'Alto Adige. Da nessuna parte la qualità della vita è migliore di qui. E noi viviamo in un'Europa, che sta abbattendo i confini. Se un giorno, tuttavia, dovesse verificarsi una riorganizzazione delle regioni dell'UE, l’Alto Adige sicuramente non sceglierebbe la Lombardia.
Lei parla spesso dell’Austria, come della sua patria. Ma per l’Alto Adige lo stato austriaco conta ancora molto?
DURNWALDER: Sono nato in un maso di montagna. A casa eravamo undici figli e sette capi di bestiame. Senza l’aiuto dall'Austria io e mio fratello non avremmo potuto studiare. Eravamo dei poveracci che campavano di elemosina, ma quei giorni sono finiti. L’Alto Adige non ha più bisogno di soldi, ha bisogno di sostegno morale. Siamo stati insieme per quasi un millennio. I miei genitori hanno combattuto per l’Austria. Questa è patria! Dopo il 1918 l’Alto Adige è stato annesso all’Italia come bottino di guerra. Siamo venuti via dall'Austria, sebbene noi fossimo austriaci e ancora oggi ci consideriamo una minoranza austriaca. Pertanto, abbiamo diritto ad essere tutelati dall‘Austria.
Quando a Vienna ha criticato Monti, il governo federale sembrava quasi imbarazzato. Vi sentite delusi?
DURNWALDER: Il cancelliere Faymann non ha avuto tempo per noi, a causa dei suoi numerosi impegni. Egli era stato in precedenza a Roma ed è stato illuso dalle belle parole di Monti. Hanno voluto risolvere i problemi cin un mucchio di chiacchiere. Allora ci siamo detti: così non va! Se il Presidente austriaco e il ministro degli esteri non ci avessero accolto così apertamente e detto senza mezzi termini, che cosa pensano, sarebbe stato deludente. Alla fine, il cancelliere ha scritto almeno una lettera, in cui ha detto esattamente le cose come stavano.
La cosa è durata mesi.
DURNWALDER: Se avessimo taciuto, non avremmo ricevuto la lettera.
In autunno, L’Alto Adige eleggerà il nuovo consiglio regionale. Lei si dimetterà. Il suo partito, il Sütiroler Volkspartei, ha perso carisma e manifesta contrarietà nei confronti del suo successore. Ha sbagliato nella sua scelta?
DURNWALDER: Dicono che sono stato un albero con rami molto fitti, sotto cui non potrebbe crescere nulla. Questo non è vero. Ho lasciato passare i raggi del sole. Lo dimostra il fatto che non c’è un unico successore, ma diversi. In genere, per un partito di raccolta come il SVP è più facile sopravvivere in condizioni difficili per 50 anni difficili piuttosto che per sette anni in maniera agiata. In epoche precedenti il nostro nemico era l’Italia. Oggi siamo più fortunati, non siamo una minoranza che sta morendo. E il mastice quello che manca e quello che ci teneva assieme contro Roma, si dissolve.
La SVP riuscirà a conservare la maggioranza?
DURNWALDER: No, ma è anche nella natura delle cose. Per riuscire a mantenere la maggioranza, abbiamo bisogno all'interno del gruppo etnico di lingua tedesca almeno del 65 per cento. Ma non è più una cosa attuale.
E lei come si vede? Lei un patriarca, un vero principe regnante, si sente ancora attuale?
DURNWALDER: lo noto su me stesso: non sono più giovane. E non sono un candidato per il premio Nobel della democrazia. Parlo volentieri con le persone. Ma sono ancora capace di decidere. Qua comanda uno solo, si dice. Ho anche sempre detto: ragazzi, io non sono un Santo, ho tutti i vizi di questo mondo. Nonostante ciò gli alto atesini mi accettano così come sono. Altrimenti non avrebbero eletto uno come me. Nessuno prima è riuscito a raccogliere tanti voti. Ho mantenuto un contatto molto stretto con la popolazione. Da un quarto di secolo, s ricevo le persone ogni giorno. , già dalle sei del mattino. Chiunque può venire, dalle prostitute al parroco. Non sto dicendo che la gente deve venire, ma io ci sono. Non so quanto reggerà il mio successore. Spero che non mi prenda ad esempio. Ma è giunto il momento di un cambiamento, ed è giusto così.
Pubblicato in Austria il 3 febbraio 2013
Traduzione di Claudia Marruccelli
Il governatore dell’Alto Adige Luis Durnwalder considera l’Austria la sua patria e dichiara che sempre lo sarà – eccone i motivi nell'intervista con Stefan Winkler.
LUIS DURNWALDER: L'Italia è un paese malato. Deve riconquistare la fiducia dell’Europa e del mondo. La gente deve dimostrare attraverso il voto, di essere consapevole che bisogna fare qualcosa, e che sono pronti a mandar giù la medicina, per guarire il proprio paese.
Di cosa è ammalata l’Italia?
DURNWALDER: L'Italia ha vissuto oltre le proprie possibilità. Non potevano spendere più di quello che veniva incassato. Ma gli italiani per loro natura sono spensierati e superficiali, per loro vige il motto: "Cosa vuoi che sia, passerà". Però che ciò che oggi funziona, domani può trasformarsi in un disastro.
E’ l’euro la causa dei guai in Italia?
DURNWALDER: No. L’Italia è stata trattata fin troppo male a livello internazionale. Di per sé non è uno stato malato. Ha un nord forte, dove tutti sanno che bisogna darsi da fare. Ma ha anche un sud malato da tempo di cancro, la mafia, e la gente ancora si fida più dei mafiosi che dello stato. Le sue metastasi sono ampiamente ramificate. E il risultato è che ancora oggi i soldi partono dal nord per finire al sud.
Una rielezione di Berlusconi potrebbe essere considerata un disastro?
DURNWALDER: Berlusconi ha rovinato la reputazione dell'Italia all'estero. Il mondo intero ha riso di lui. Un anno e mezzo fa, sono stato in Nepal. Quando al check in dell’aeroporto hanno visto il mio passaporto, hanno fatto un mezzo sorriso e hanno detto "Bunga Bunga". In Nepal! Se Berlusconi venisse rieletto vorrebbe dire ripiombare nei soliti problemi di tutti i giorni. Il paese deve ritrovare un nuovo governo.
Il premier Mario Monti non l’ha fatto?
DURNWALDER: Monti non è un politico. È un professore, ed è stato un danno per l’Alto Adige. Però ha ottenuto anche dei buoni risultati, e ha convinto il mondo finanziario internazionale di essere lui il guaritore. Inoltre ha avuto il coraggio di dire agli italiani che il paese deve fare sacrifici. Il suo fallimento è dovuto alla mancanza di programmi per la crescita economica. Certamente ha aumentato le tasse, ma molte delle sue misure erano unilaterali e disorganizzate, tanto che c’è stato bisogno di alcune correzioni.
Lei se la prende con Monti per il fatto che se ne è infischiato dell'autonomia dell’Alto Adige Monti. Ma Roma non ha tutto il diritto di chiedere il maggior sacrificio alla sua regione più ricca?
DURNWALDER: Noi non abbiamo rubato la nostra ricchezza! Ma a Monti non importa nulla. Pur avendo rinunciato a centinaia di milioni di euro e essendo disposti a cedere anche di più, ci ha negato i fondi che ci spettavano, dicendoci "Rivolgetevi alla corte costituzionale", cosa che abbiamo fatto, e sono convinto che lo stato dovrà restituirci centinaia di milioni. Ma dove troveremo i soldi? Non si può togliere la camicia a un uomo nudo.
L'autonomia è in pericolo?
DURNWALDER: A Berlusconi non gliene frega un fico secco dell’Alto Adige. Quando ci siamo incontrati, ha parlato solo di donne, buon cibo e di vino. "Faremo Luis! – Non preoccuparti! " ha detto. E in realtà qualcosa abbiamo ottenuto. Monti invece ha trattato la questione dell’autonomia solo marginalmente. Quando ci siamo visti presi per il collo e lo abbiamo fatto presente a Vienna, ha detto che la cosa non riguardava l’Austria. Ora: se diminuiscono le possibilità di prendere decisioni autonome nel nostro paese, il richiamo dell’autodeterminazione e il desiderio di tornare in Austria si fa più forte.
Cosa ne pensa di queste richieste?
DURNWALDER: Sembra tutto molto bello. Solo che tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare. Supponiamo che gli altoatesini optino tramite un referendum per l'autodeterminazione, cosa che dubito, lei crede che avremmo una maggioranza all'ONU che ci permetta di spostare i confini dal Brennero a Salorno (basso Alto Adige, barriera simbolica tra la parte germanofona e italofona del Tirolo ndt)?
Significa ritornare indietro nella storia?
DURNWALDER: No. Noi abbiamo dato nuovo valore all’autonomia dell'Alto Adige. Da nessuna parte la qualità della vita è migliore di qui. E noi viviamo in un'Europa, che sta abbattendo i confini. Se un giorno, tuttavia, dovesse verificarsi una riorganizzazione delle regioni dell'UE, l’Alto Adige sicuramente non sceglierebbe la Lombardia.
Lei parla spesso dell’Austria, come della sua patria. Ma per l’Alto Adige lo stato austriaco conta ancora molto?
DURNWALDER: Sono nato in un maso di montagna. A casa eravamo undici figli e sette capi di bestiame. Senza l’aiuto dall'Austria io e mio fratello non avremmo potuto studiare. Eravamo dei poveracci che campavano di elemosina, ma quei giorni sono finiti. L’Alto Adige non ha più bisogno di soldi, ha bisogno di sostegno morale. Siamo stati insieme per quasi un millennio. I miei genitori hanno combattuto per l’Austria. Questa è patria! Dopo il 1918 l’Alto Adige è stato annesso all’Italia come bottino di guerra. Siamo venuti via dall'Austria, sebbene noi fossimo austriaci e ancora oggi ci consideriamo una minoranza austriaca. Pertanto, abbiamo diritto ad essere tutelati dall‘Austria.
Quando a Vienna ha criticato Monti, il governo federale sembrava quasi imbarazzato. Vi sentite delusi?
DURNWALDER: Il cancelliere Faymann non ha avuto tempo per noi, a causa dei suoi numerosi impegni. Egli era stato in precedenza a Roma ed è stato illuso dalle belle parole di Monti. Hanno voluto risolvere i problemi cin un mucchio di chiacchiere. Allora ci siamo detti: così non va! Se il Presidente austriaco e il ministro degli esteri non ci avessero accolto così apertamente e detto senza mezzi termini, che cosa pensano, sarebbe stato deludente. Alla fine, il cancelliere ha scritto almeno una lettera, in cui ha detto esattamente le cose come stavano.
La cosa è durata mesi.
DURNWALDER: Se avessimo taciuto, non avremmo ricevuto la lettera.
In autunno, L’Alto Adige eleggerà il nuovo consiglio regionale. Lei si dimetterà. Il suo partito, il Sütiroler Volkspartei, ha perso carisma e manifesta contrarietà nei confronti del suo successore. Ha sbagliato nella sua scelta?
DURNWALDER: Dicono che sono stato un albero con rami molto fitti, sotto cui non potrebbe crescere nulla. Questo non è vero. Ho lasciato passare i raggi del sole. Lo dimostra il fatto che non c’è un unico successore, ma diversi. In genere, per un partito di raccolta come il SVP è più facile sopravvivere in condizioni difficili per 50 anni difficili piuttosto che per sette anni in maniera agiata. In epoche precedenti il nostro nemico era l’Italia. Oggi siamo più fortunati, non siamo una minoranza che sta morendo. E il mastice quello che manca e quello che ci teneva assieme contro Roma, si dissolve.
La SVP riuscirà a conservare la maggioranza?
DURNWALDER: No, ma è anche nella natura delle cose. Per riuscire a mantenere la maggioranza, abbiamo bisogno all'interno del gruppo etnico di lingua tedesca almeno del 65 per cento. Ma non è più una cosa attuale.
E lei come si vede? Lei un patriarca, un vero principe regnante, si sente ancora attuale?
DURNWALDER: lo noto su me stesso: non sono più giovane. E non sono un candidato per il premio Nobel della democrazia. Parlo volentieri con le persone. Ma sono ancora capace di decidere. Qua comanda uno solo, si dice. Ho anche sempre detto: ragazzi, io non sono un Santo, ho tutti i vizi di questo mondo. Nonostante ciò gli alto atesini mi accettano così come sono. Altrimenti non avrebbero eletto uno come me. Nessuno prima è riuscito a raccogliere tanti voti. Ho mantenuto un contatto molto stretto con la popolazione. Da un quarto di secolo, s ricevo le persone ogni giorno. , già dalle sei del mattino. Chiunque può venire, dalle prostitute al parroco. Non sto dicendo che la gente deve venire, ma io ci sono. Non so quanto reggerà il mio successore. Spero che non mi prenda ad esempio. Ma è giunto il momento di un cambiamento, ed è giusto così.
07 febbraio, 2013
L'altra verità ... svizzera
Berlusconi lockt für Steuerabkommen mit Bern
di Nikos Tzermias
Pubblicato in Svizzera il 5 febbraio 2013
Traduzione di Claudia Marruccelli
Berlusconi lancia l’esca dell’accordo fiscale con la Svizzera
L'ex Presidente del Consiglio italiano Berlusconi lancia l’esca delle riduzioni d’imposta. Non solo vuole abolire la tassa di proprietà sulle prime case, ma offre anche il rimborso [per quella pagata l’anno scorso], con i fondi che otterrà da un accordo fiscale con la Svizzera.
Secondo il politico di centro Pierferdinando Casini, ex alleato di lunga data e oggi rivale dell'ex premier Berlusconi, "il Cavaliere sarebbe capace anche di vendere una macchina senza motore." Casini, che in campagna elettorale appoggia ora il primo ministro uscente Monti, ha reagito alle ultime promesse elettorali di Berlusconi con questa battuta mista di ironia e avvertimento. In caso di vittoria elettorale della destra, l’ex premier ha promesso maggiori sgravi fiscali e, in particolare, la soppressione e persino il rimborso della recente e impopolare Imu, il tutto con finanziamenti che scaturiranno dai proventi di un trattato fiscale con la Svizzera.
Accusato di compravendita di voti
Lo stesso Monti non ha risparmiato critiche meno accese a queste promesse, che Berlusconi da settimane sta tentando di mettere a punto nelle vesti di un “fisco” germanofilo. Il professore ha definito nuovamente il suo predecessore, un pifferaio magico che già in precedenza ha fatto solo promesse mai mantenute, mentre adesso vuole corrompere gli elettori con i soldi degli italiani, raccolti con grandi sacrifici al fine di evitare un crollo finanziario. Monti ha inoltre sostenuto che la spesa pubblica e le tasse durante il governo Berlusconi sono aumentate e il suo predecessore nel penultimo anno è stato responsabile dell'escalation della crisi del debito. Pertanto, il piano che prevede di tagliare la spesa pubblica di 80 miliardi di euro, non è credibile. Anche l’area di centro sinistra rivolge a Berlusconi lo stesso tipo di critiche.
Una manna dal cielo dalla Svizzera?
Berlusconi sostiene di poter finanziare l'abolizione e il rimborso della tassa sulle case con un accordo fiscale con la Svizzera. Mentre i proventi annuali della tassa sono pari a circa 4 miliardi di euro, dalla Svizzera arriverebbe in un’unica soluzione una somma compresa tra i 25 a 30 miliardi di euro e per il futuro sarebbe previsto un incasso annuo di 5 miliardi di euro, questo secondo quanto Berlusconi ha detto in un suo comunicato.
Inoltre egli ha fatto riferimento in modo errato non solo all'accordo tra Svizzera, Regno Unito e Austria, ma anche a quello con la Germania, mentre in realtà il Bundestag ha respinto il patto fiscale con la Confederazione Elvetica. Ma oltre a quelle citate, le cifre di Berlusconi appaiono estremamente audaci. Inoltre, occorre ricordare che il suo governo in precedenza aveva impedito un accordo con la Svizzera, cosa di cui Berlusconi incolpa il suo ormai ex ministro dell'Economia Tremonti.
Il governo Monti la scorsa estate, dopo una certa riluttanza durata mesi, era riuscito a ottenere la disponibilità a negoziare con la Svizzera un patto fiscale per la ritenuta alla fonte. Queste trattative però nel mese di dicembre, dopo il no del Bundesrat tedesco e anche per l’avvicinarsi delle elezioni parlamentari, si sono arenate a un punto morto. Anche se ufficialmente i negoziati sono proseguiti a "livello tecnico", sia il governo Monti che il centro-sinistra hanno manifestato riserve nei confronti l'approccio svizzero, dichiarandosi contrari a un’ "amnistia" e indicando come necessario uno scambio di informazioni.
di Nikos Tzermias
Pubblicato in Svizzera il 5 febbraio 2013
Traduzione di Claudia Marruccelli
Berlusconi lancia l’esca dell’accordo fiscale con la Svizzera
L'ex Presidente del Consiglio italiano Berlusconi lancia l’esca delle riduzioni d’imposta. Non solo vuole abolire la tassa di proprietà sulle prime case, ma offre anche il rimborso [per quella pagata l’anno scorso], con i fondi che otterrà da un accordo fiscale con la Svizzera.
Secondo il politico di centro Pierferdinando Casini, ex alleato di lunga data e oggi rivale dell'ex premier Berlusconi, "il Cavaliere sarebbe capace anche di vendere una macchina senza motore." Casini, che in campagna elettorale appoggia ora il primo ministro uscente Monti, ha reagito alle ultime promesse elettorali di Berlusconi con questa battuta mista di ironia e avvertimento. In caso di vittoria elettorale della destra, l’ex premier ha promesso maggiori sgravi fiscali e, in particolare, la soppressione e persino il rimborso della recente e impopolare Imu, il tutto con finanziamenti che scaturiranno dai proventi di un trattato fiscale con la Svizzera.
Accusato di compravendita di voti
Lo stesso Monti non ha risparmiato critiche meno accese a queste promesse, che Berlusconi da settimane sta tentando di mettere a punto nelle vesti di un “fisco” germanofilo. Il professore ha definito nuovamente il suo predecessore, un pifferaio magico che già in precedenza ha fatto solo promesse mai mantenute, mentre adesso vuole corrompere gli elettori con i soldi degli italiani, raccolti con grandi sacrifici al fine di evitare un crollo finanziario. Monti ha inoltre sostenuto che la spesa pubblica e le tasse durante il governo Berlusconi sono aumentate e il suo predecessore nel penultimo anno è stato responsabile dell'escalation della crisi del debito. Pertanto, il piano che prevede di tagliare la spesa pubblica di 80 miliardi di euro, non è credibile. Anche l’area di centro sinistra rivolge a Berlusconi lo stesso tipo di critiche.
Una manna dal cielo dalla Svizzera?
Berlusconi sostiene di poter finanziare l'abolizione e il rimborso della tassa sulle case con un accordo fiscale con la Svizzera. Mentre i proventi annuali della tassa sono pari a circa 4 miliardi di euro, dalla Svizzera arriverebbe in un’unica soluzione una somma compresa tra i 25 a 30 miliardi di euro e per il futuro sarebbe previsto un incasso annuo di 5 miliardi di euro, questo secondo quanto Berlusconi ha detto in un suo comunicato.
Inoltre egli ha fatto riferimento in modo errato non solo all'accordo tra Svizzera, Regno Unito e Austria, ma anche a quello con la Germania, mentre in realtà il Bundestag ha respinto il patto fiscale con la Confederazione Elvetica. Ma oltre a quelle citate, le cifre di Berlusconi appaiono estremamente audaci. Inoltre, occorre ricordare che il suo governo in precedenza aveva impedito un accordo con la Svizzera, cosa di cui Berlusconi incolpa il suo ormai ex ministro dell'Economia Tremonti.
Il governo Monti la scorsa estate, dopo una certa riluttanza durata mesi, era riuscito a ottenere la disponibilità a negoziare con la Svizzera un patto fiscale per la ritenuta alla fonte. Queste trattative però nel mese di dicembre, dopo il no del Bundesrat tedesco e anche per l’avvicinarsi delle elezioni parlamentari, si sono arenate a un punto morto. Anche se ufficialmente i negoziati sono proseguiti a "livello tecnico", sia il governo Monti che il centro-sinistra hanno manifestato riserve nei confronti l'approccio svizzero, dichiarandosi contrari a un’ "amnistia" e indicando come necessario uno scambio di informazioni.
Ville e Volontà
Villa und Wille
di Birgit Schönau
Pubblicato in Germania il 3 febbraio 2013
Traduzione di Claudia Marruccelli
Ma qualcuno ogni tanto ci pensa anche ai giovani italiani? I politici romani li hanno completamente dimenticati.
Il biglietto aereo per venire a votare costa 99 Euro - offerta speciale della compagnia aerea italiana Alitalia, già enormemente indebitata. Lo stato altrettanto fortemente indebitato offre un contributo economico, affinche i 25.000 studenti del progetto Erasmus possano venire a votare in Italia nei giorni 24 e 25 febbraio. Un tipico rimedio rimediato [è ridondante, ma carino secondo me] all’italiana per una situazione davvero imbarazzante: il governo di professori guidato dall'ex rettore Mario Monti aveva semplicemente dimenticato gli studenti residenti all’estero. Eppure Monti poco prima delle sue dimissioni aveva varato in fretta e furia un decreto di emergenza, che permette ai docenti e agli scienziati in missione all’estero di votare per corrispondenza. Ma che in realtà esistono anche studenti italiani che vivono al di là della frontiera, nella fretta era sfuggito al governo. Solo quando gli studenti hanno protestato, sono stati presi in considerazione. In quattro e quattrotto sono saltati fuori anche i soldi per loro, giacchè ogni voto conta.
L’amnesia di Monti è sintomatica di una leadership che sembra dimenticare una generazione intera con tutti i suoi problemi. Più di un terzo degli italiani sotto i 24 anni è disoccupato. Uno su cinque tra i 15 e i 30 anni non ha completato gli studi o non ha un lavoro, per le donne si arriva ad un quarto. Il 28 per cento dei laureati va a cercare fortuna all'estero - l’Italia è affetta da una massiccia fuga di cervelli. Le statistiche sono allarmanti - eppure il dramma dei giovani italiani resta da tempo ancora escluso dai temi centrali della campagna elettorale. I principali candidati si accapigliano piuttosto sull’IMU. Forse anche perché sono quasi tutti già in pensione e sono proprietari di [almeno] un paio di ville lussuose.
Silvio Berlusconi (76) si è spesso lamentato in passato del fatto che non ce la fa più a mantenere le sue numerose ville: in Sardegna, sul lago di Como, a Lampedusa, a Portofino, ai Caraibi, e, naturalmente, vicino a Milano. Solo a Roma Berlusconi vive in affitto. Mario Monti (69) non ha ancora lasciato libero il suo appartamento di servizio a Palazzo Chigi, anche se sua moglie Elsa ha sempre detto di trovarlo scomodo. A Bruxelles e a Milano la famiglia Monti possiede appartamenti e negozi. L’ex comico e leader politico popolare Beppe Grillo (64) abita in provincia di Genova, anche lui in una villa con parco e vista panoramica sul mare. Solo Pier Luigi Bersani (61), leader della coalizione di centro sinistra, vive in un’abitazione modesta.
Bersani è alla ricerca di giovani candidati, dopo che egli stesso ha battuto proprio il suo rivale di partito Matteo Renzi (37), definendolo, secondo la vecchia linea di partito, giovane, inesperto, ideologicamente non ancora maturo. Con meno di 40 anni di età è in realtà ancora un bambino nella politica italiana, in cui fino a 50 anni si è considerati dei ragazzi. Questo forse semplicemente perché la società italiana è ancora così obsoleta. I veri ragazzi sono una minoranza. » Sono invisibili«, come recentemente li ha definiti il Corriere della Sera.»
I combattenti elettorali dai capelli grigi credono che basti mettersi su Internet per riuscire a mettersi al loro passo Bersani, Monti o Grillo - tutti twittano, a più non posso. Solo Berlusconi si astiene, preferisce piuttosto essere twittato/farsi twittare. Ma, in primo luogo non ha capelli grigi, e in secondo luogo ha una cosa in comune con i giovani: una fidanzata di [soli] 27 anni.
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di Birgit Schönau
Pubblicato in Germania il 3 febbraio 2013
Traduzione di Claudia Marruccelli
Ma qualcuno ogni tanto ci pensa anche ai giovani italiani? I politici romani li hanno completamente dimenticati.
Il biglietto aereo per venire a votare costa 99 Euro - offerta speciale della compagnia aerea italiana Alitalia, già enormemente indebitata. Lo stato altrettanto fortemente indebitato offre un contributo economico, affinche i 25.000 studenti del progetto Erasmus possano venire a votare in Italia nei giorni 24 e 25 febbraio. Un tipico rimedio rimediato [è ridondante, ma carino secondo me] all’italiana per una situazione davvero imbarazzante: il governo di professori guidato dall'ex rettore Mario Monti aveva semplicemente dimenticato gli studenti residenti all’estero. Eppure Monti poco prima delle sue dimissioni aveva varato in fretta e furia un decreto di emergenza, che permette ai docenti e agli scienziati in missione all’estero di votare per corrispondenza. Ma che in realtà esistono anche studenti italiani che vivono al di là della frontiera, nella fretta era sfuggito al governo. Solo quando gli studenti hanno protestato, sono stati presi in considerazione. In quattro e quattrotto sono saltati fuori anche i soldi per loro, giacchè ogni voto conta.
L’amnesia di Monti è sintomatica di una leadership che sembra dimenticare una generazione intera con tutti i suoi problemi. Più di un terzo degli italiani sotto i 24 anni è disoccupato. Uno su cinque tra i 15 e i 30 anni non ha completato gli studi o non ha un lavoro, per le donne si arriva ad un quarto. Il 28 per cento dei laureati va a cercare fortuna all'estero - l’Italia è affetta da una massiccia fuga di cervelli. Le statistiche sono allarmanti - eppure il dramma dei giovani italiani resta da tempo ancora escluso dai temi centrali della campagna elettorale. I principali candidati si accapigliano piuttosto sull’IMU. Forse anche perché sono quasi tutti già in pensione e sono proprietari di [almeno] un paio di ville lussuose.
Silvio Berlusconi (76) si è spesso lamentato in passato del fatto che non ce la fa più a mantenere le sue numerose ville: in Sardegna, sul lago di Como, a Lampedusa, a Portofino, ai Caraibi, e, naturalmente, vicino a Milano. Solo a Roma Berlusconi vive in affitto. Mario Monti (69) non ha ancora lasciato libero il suo appartamento di servizio a Palazzo Chigi, anche se sua moglie Elsa ha sempre detto di trovarlo scomodo. A Bruxelles e a Milano la famiglia Monti possiede appartamenti e negozi. L’ex comico e leader politico popolare Beppe Grillo (64) abita in provincia di Genova, anche lui in una villa con parco e vista panoramica sul mare. Solo Pier Luigi Bersani (61), leader della coalizione di centro sinistra, vive in un’abitazione modesta.
Bersani è alla ricerca di giovani candidati, dopo che egli stesso ha battuto proprio il suo rivale di partito Matteo Renzi (37), definendolo, secondo la vecchia linea di partito, giovane, inesperto, ideologicamente non ancora maturo. Con meno di 40 anni di età è in realtà ancora un bambino nella politica italiana, in cui fino a 50 anni si è considerati dei ragazzi. Questo forse semplicemente perché la società italiana è ancora così obsoleta. I veri ragazzi sono una minoranza. » Sono invisibili«, come recentemente li ha definiti il Corriere della Sera.»
I combattenti elettorali dai capelli grigi credono che basti mettersi su Internet per riuscire a mettersi al loro passo Bersani, Monti o Grillo - tutti twittano, a più non posso. Solo Berlusconi si astiene, preferisce piuttosto essere twittato/farsi twittare. Ma, in primo luogo non ha capelli grigi, e in secondo luogo ha una cosa in comune con i giovani: una fidanzata di [soli] 27 anni.
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01 febbraio, 2013
I Calcoli di Berlusconi
Berlusconis Kalkül
di Andres Wysling
Pubblicato in Svizzera il 29 gennaio 2013
Traduzione di Claudia Marruccelli
A caccia di voti, tessendo le lodi delle «buone azioni» di Mussolini
Silvio Berlusconi fa ancora notizia. Si è fidanzato con una donna giovane, va a fare salotto nei talk show, tesse le lodi l’ex dittatore Mussolini. Le sue uscite a volte sono divertenti, a volte imbarazzanti. La stampa italiana unanime ha trovato imbarazzante la sua frase su Mussolini, "ha fatto anche molte cose buone” , tranne naturalmente i media dell'Impero di Berlusconi.
Potremmo liquidare la lode a Mussolini come chiacchiere di un vecchio nostalgico. Tuttavia, capitano nel bel mezzo della campagna elettorale, in maniera quasi del tutto involontaria. Il già primo Ministro Berlusconi, assieme al suo partito Popolo della Libertà, alleati compresi, aspira nuovamente al governo, per manovrare ancora il destino dell'Italia. Ecco che si pone la questione se Italia debba e possa affrancarsi dalla natura fascista.
La situazione dell’Italia rispetto al suo passato fascista appare un po' trascurata. Nel paese ci sono in giro ancora statue di Mussolini e immagini scolpite nel marmo esposte su edifici pubblici che rappresentano un’Italia dai confini estremamente vasti. Un’esaltazione del passato di tal misura in Germania non si è mai vista. Lassismo e non precisione, il motto.
Politici e partiti che apertamente o in maniera mal celata, simpatizzano per le idee fasciste, vengono tranquillamente eletti in Italia, ricoprendo un non trascurabile peso politico. Berlusconi stesso ha fatto spesso comunella con questi ambienti, incrementando ancor più la loro influenza. Ancor oggi in campagna elettorale stringe sodalizi con le forze fasciste e xenofobe .
Tuttavia, Berlusconi durante il suo governo non ha dato vita ad alcun a corrente fascista, non si è nemmeno mostrato ardente sostenitore degli ideali fascisti - non avendo probabilmente alcun ideale. Ma lui è un maestro dei calcoli opportunistici di potere e dell’istinto politico, sa come attorniarsi di persone, con quali argomenti e con quali strategie attirarle.
A quanto pare, Berlusconi ritiene che sia giunto il momento di ricordare ai potenziali elettori della estrema destra le «cose buone» del regime di Mussolini. Probabilmente è arrivato alla conclusione che di fronte alla recessione e al calo di benessere sociale, possa sussistere una nostalgia per un ordine nuovo e nuovi leader. Ci sono montagne di rifiuti da rimuovere, paludi di corruzione da bonificare, la crisi del debito da superare.
Tuttavia, questi abusi sono nati proprio sotto il governo Berlusconi, e persistono ancora, quindi possiamo proprio escludere che proprio lui riesca a fare bella mostra di se in qualità di salvatore estremo/nell’emergenza.
di Andres Wysling
Pubblicato in Svizzera il 29 gennaio 2013
Traduzione di Claudia Marruccelli
A caccia di voti, tessendo le lodi delle «buone azioni» di Mussolini
Silvio Berlusconi fa ancora notizia. Si è fidanzato con una donna giovane, va a fare salotto nei talk show, tesse le lodi l’ex dittatore Mussolini. Le sue uscite a volte sono divertenti, a volte imbarazzanti. La stampa italiana unanime ha trovato imbarazzante la sua frase su Mussolini, "ha fatto anche molte cose buone” , tranne naturalmente i media dell'Impero di Berlusconi.
Potremmo liquidare la lode a Mussolini come chiacchiere di un vecchio nostalgico. Tuttavia, capitano nel bel mezzo della campagna elettorale, in maniera quasi del tutto involontaria. Il già primo Ministro Berlusconi, assieme al suo partito Popolo della Libertà, alleati compresi, aspira nuovamente al governo, per manovrare ancora il destino dell'Italia. Ecco che si pone la questione se Italia debba e possa affrancarsi dalla natura fascista.
La situazione dell’Italia rispetto al suo passato fascista appare un po' trascurata. Nel paese ci sono in giro ancora statue di Mussolini e immagini scolpite nel marmo esposte su edifici pubblici che rappresentano un’Italia dai confini estremamente vasti. Un’esaltazione del passato di tal misura in Germania non si è mai vista. Lassismo e non precisione, il motto.
Politici e partiti che apertamente o in maniera mal celata, simpatizzano per le idee fasciste, vengono tranquillamente eletti in Italia, ricoprendo un non trascurabile peso politico. Berlusconi stesso ha fatto spesso comunella con questi ambienti, incrementando ancor più la loro influenza. Ancor oggi in campagna elettorale stringe sodalizi con le forze fasciste e xenofobe .
Tuttavia, Berlusconi durante il suo governo non ha dato vita ad alcun a corrente fascista, non si è nemmeno mostrato ardente sostenitore degli ideali fascisti - non avendo probabilmente alcun ideale. Ma lui è un maestro dei calcoli opportunistici di potere e dell’istinto politico, sa come attorniarsi di persone, con quali argomenti e con quali strategie attirarle.
A quanto pare, Berlusconi ritiene che sia giunto il momento di ricordare ai potenziali elettori della estrema destra le «cose buone» del regime di Mussolini. Probabilmente è arrivato alla conclusione che di fronte alla recessione e al calo di benessere sociale, possa sussistere una nostalgia per un ordine nuovo e nuovi leader. Ci sono montagne di rifiuti da rimuovere, paludi di corruzione da bonificare, la crisi del debito da superare.
Tuttavia, questi abusi sono nati proprio sotto il governo Berlusconi, e persistono ancora, quindi possiamo proprio escludere che proprio lui riesca a fare bella mostra di se in qualità di salvatore estremo/nell’emergenza.
Vittoria dell'Antipolitica
Sieg der Antipolitik
di Catrin Dingler
Pubblicato in Germania il 17 gennaio 2013
Traduzione di Claudia Marruccelli per Il Fatto Quotidiano
Il 24 febbraio si andrà alle urne in Italia e la campagna elettorale che si sta svolgendo nel segno del populismo indica chiaramente in che maniera il berlusconismo ha influenzato la cultura politica del paese.
Il sogno di un’equivalente italiana della coalizione greca Syriza non si è realizzato. Già a fine estate il suo leader, Alexis Tsipras, aveva invitato i compagni italiani a non “continuare a sbranarsi reciprocamente”. Tuttavia nonostante venga da anni manifestata la volontà di creare una “sinistra unita e pluralistica”, il Partito Democratico non è riuscito ad unire le forze politiche di sinistra.
Nichi Vendola, segretario del piccolo partito Sinistra Ecologia e Libertà (SEL), nonché governatore della Puglia in una giunta regionale formata da una coalizione liberale, è stato a lungo considerato come la speranza di una nuova sinistra unita. Candidato inizialmente per la carica di primo ministro, a seguito dell’insediamento del governo provvisorio di Mario Monti si è ritirato, e ha optato per una una coalizione con il Partito Democratico. Molto prima della vittoria alle primarie di dicembre del segretario del PD Pierluigi Bersani, Vendola aveva sottoscritto il piano di dieci punti denominato “Bene pubblico Italia”.
Questo era il titolo del programma di governo provvisorio concordato, in caso di vittoria della coalizione di sinistra: in primo luogo il riconoscimento dell’importanza dell’Europa e l’adesione al protocollo d’intesa con i socialisti europei per contribuire ad un “consolidamento della unità politica nell’Unione Europea”. Gli altri punti si riferiscono a un’Italia, in cui le promesse di retromarcia del governo allora guidato da Silvio Berlusconi sui propri errori politici nelle finanze e nell’istruzione, per compensare il disagio sociale della “politica di riforme” di Mario Monti, restano davvero vaghe.
In conclusione i firmatari si impegnano a restare fedeli alla coalizione e a rispettare e accettare gli accordi internazionali già siglati. L’esperienza del passato, che ha visto il fallimento dei governi di centrosinistra con il conseguente annullamento anticipato degli accordi di coalizione, non dovrà ripetersi. Su questo punto la base di SEL non fa mancare le polemiche, visto che tra l’altro il partito si è impegnato al riconoscimento del patto fiscale europeo.
L’immediata sospensione della politica di austerità è stata una delle principali richieste presentate dagli Arancioni, una coalizione nata agli inizi di dicembre con lo slogan non proprio originale di “Cambiare si può”. Il tentativo di creare un’alternativa di sinistra formata da un mosaico di movimenti sociali e fazioni comuniste, è tuttavia fallito dopo poche settimane. La lista “Rivoluzione civile” presentata dall’ex procuratore antimafia Antonio Ingroia raccoglie frange di altri partiti di sinistra, però gli iniziatori della “società civile” nel frattempo hanno in gran parte ritirato il proprio appoggio alla coalizione elettorale.
Inoltre non è ancora chiaro se la lista riuscirà a superare lo sbarramento del quattro per cento per l’accesso alla Camera dei deputati. Dal momento che l’alleanza tra i populisti di destra del “Movimento 5 stelle” del comico Beppe Grillo è assolutamente in contrasto con il compromesso socialdemocratico di Vendola, appare impossibile un accordo di coalizione. A ciò si aggiunge l’improbabilità di entrare al Senato, dove la soglia di sbarramento è all’otto per cento.
Vendola difende la sua fedeltà al Partito Democratico, basandosi sull’attuale legge elettorale, con queste parole: “Siamo noi che in prima persona possiamo spostare a sinistra l’equilibrio del potere sociale e politico della società italiana”. In realtà solo un risultato elettorale favorevole alla sinistra potrebbe evitare un secondo mandato per Mario Monti.
Secondo la vigente legge elettorale i premi di maggioranza nei due rami del parlamento sono distribuiti in maniera differente. Alla Camera il bonus viene assegnato in base al risultato complessivo delle consultazioni a livello nazionale, e secondo i recenti sondaggi ci si dovrebbe aspettare dalla coalizione di sinistra una larga maggioranza. Al contrario al Senato il bonus viene assegnato in base ai risultati elettorali a livello regionale. Qualora molte delle grandi regioni come la Lombardia, la Campania, e la Sicilia dovessero venire a mancare, la coalizione di sinistra perderebbe la maggioranza al Senato. In questo caso i democratici sarebbero costretti ad una coalizione con Monti per formare un governo di maggioranza.
Dopo che il Partito Popolare Europeo a Bruxelles poco dopo Natale ha manifestato apertamente le proprie preferenze per l’ex primo ministro quale candidato premier, Monti ha rinunciato alla sua presunta imparzialità. Si è proposto come sponsor per una lista elettorale da lui creata, dal nome ambiguo di “Scelta Civica per Monti” in cui sono confluiti i democristiani dell’UDC e la frazione politica postfascista del FLI.
I partiti di centro mirano ad evitare una netta maggioranza al Senato, allo scopo di imporre la propria influenza. Monti ha ripetutamente invitato il candidato premier del PD a tagliare le “ali estremiste“ della sua coalizione e a prendere le distanze dalle forze sindacali “antiquate”. Bersani ha replicato all’arroganza professorale con velata moderazione: il PD tiene aperta la possibilità di un’alleanza con i conservatori e non conduce alcuna campagna offensiva contro Monti, anzi considera ancora Berlusconi come proprio avversario politico.
Tuttavia nonostante la sua costante presenza in tutti i canali televisivi, anche per l’ex primo Ministro la sua preoccupazione è quella di evitare una maggioranza di sinistra al senato. Eppure la campagna elettorale indica quanto influente sia il berlusconismo nella cultura italiana. Tutte le formazioni politiche sono guidate da figure carismatiche. Monti ha dato non solo il suo nome alla lista, ma anche al suo programma elettorale. Il comico Grillo è persino il legale titolare del suo Movimento 5 Stelle, decide da solo chi può utilizzare il logo del suo marchio, concede o revoca con autorità i diritti d’uso.
Gli Arancioni sono tenuti insieme dalla notorietà di Ingroia, il cui nome campeggia a caratteri cubitali sul logo della lista. La moda delle personalità in evidenza si completa con l’introduzione di elementi plebiscitari. La vittoria della candidatura di Bersani alle primarie ha rafforzato il legame tra il partito e i suoi seguaci. Allo stesso tempo il sistema a elezione diretta sfavorisce il rifiuto di strutture di rappresentanza e alimenta il risentimento verso le istituzioni.
La furia, con cui l’imprenditore edile e mediatico Berlusconi si avventò vent’anni fa contro i vecchi partiti, imperversa ancor’oggi in tutti i campi politici. L’indignazione nei confronti della “casta politica” va di pari passo con il rifiuto della differenza tra destra e sinistra e ha avuto il suo culmine la settimana scorsa quando Grillo rompendo con il consenso antifascista del dopoguerra, ha apertamente simpatizzato, sebbene non per la prima volta, con il movimento fascista “Casa Pound”.
Anche i restanti partiti, pur puntando su un presunto impegno al di fuori dell’ambiente politico, a seconda delle tendenze di opinione, inseriscono nelle proprie liste elettorali alcuni “protagonisti della società civile”. Secondo la tradizione liberale, stanno optando per la lista di Monti “ Scelta Civica” rappresentanti dell’economia, del mondo universitario e della Chiesa.
La coalizione Bersani-Vendola in linea con la tradizione comunista di Antonio Gramsci punta sulla egemonia culturale e nel rispetto di questi criteri propone quali candidati personaggi del mondo sindacale e del giornalismo. E’ proprio Il gruppo “Rivoluzione Civile” guidato dal pm Antonio Ingroia e appoggiato da alcuni suoi ex colleghi magistrati, che svela la motivazione normativa e penale di questi benefattori impegnati politicamente.
Lo zelo giuridico è rivolto non solo contro gli intrighi mafiosi, ma sempre più anche contro i movimenti della sinistra. La settimana scorsa sei persone, che avevano partecipato ad una manifestazione nell’ottobre del 2011, conclusasi con violenti scontri, sono stati condannati a Roma a lunghe pene detentive accusati di “saccheggio e devastazione” in base ad un articolo risalente al vecchio codice penale antifascista. Per uno dei condannati non è stato possibile dimostrare nemmeno il reato di danneggiamento, visto che dal materiale fotografico risulta essere fermo in prossimità di un veicolo dei carabinieri in fiamme mentre sta ridendo.
La repressione del conflitto sociale, attuata in modo sproporzionato, a scopo intimidatorio, fa consenso all'interno della società civile. Non a caso tra i candidati della lista civica di Ingroia è presente anche l’ex magistrato Antonio di Pietro, che in passato si era dichiarato contrario all’istituzione di una commissione d’inchiesta parlamentare per le violenze a Genova nel 2001.
I movimenti radicali di sinistra dovranno affrontare il conflitto con questo populismo dai risvolti criminali che coinvolge i partiti, anche se gli stessi si definiscono “osservatori esterni e disinteressati” della campagna elettorale.
di Catrin Dingler
Pubblicato in Germania il 17 gennaio 2013
Traduzione di Claudia Marruccelli per Il Fatto Quotidiano
Il 24 febbraio si andrà alle urne in Italia e la campagna elettorale che si sta svolgendo nel segno del populismo indica chiaramente in che maniera il berlusconismo ha influenzato la cultura politica del paese.
Il sogno di un’equivalente italiana della coalizione greca Syriza non si è realizzato. Già a fine estate il suo leader, Alexis Tsipras, aveva invitato i compagni italiani a non “continuare a sbranarsi reciprocamente”. Tuttavia nonostante venga da anni manifestata la volontà di creare una “sinistra unita e pluralistica”, il Partito Democratico non è riuscito ad unire le forze politiche di sinistra.
Nichi Vendola, segretario del piccolo partito Sinistra Ecologia e Libertà (SEL), nonché governatore della Puglia in una giunta regionale formata da una coalizione liberale, è stato a lungo considerato come la speranza di una nuova sinistra unita. Candidato inizialmente per la carica di primo ministro, a seguito dell’insediamento del governo provvisorio di Mario Monti si è ritirato, e ha optato per una una coalizione con il Partito Democratico. Molto prima della vittoria alle primarie di dicembre del segretario del PD Pierluigi Bersani, Vendola aveva sottoscritto il piano di dieci punti denominato “Bene pubblico Italia”.
Questo era il titolo del programma di governo provvisorio concordato, in caso di vittoria della coalizione di sinistra: in primo luogo il riconoscimento dell’importanza dell’Europa e l’adesione al protocollo d’intesa con i socialisti europei per contribuire ad un “consolidamento della unità politica nell’Unione Europea”. Gli altri punti si riferiscono a un’Italia, in cui le promesse di retromarcia del governo allora guidato da Silvio Berlusconi sui propri errori politici nelle finanze e nell’istruzione, per compensare il disagio sociale della “politica di riforme” di Mario Monti, restano davvero vaghe.
In conclusione i firmatari si impegnano a restare fedeli alla coalizione e a rispettare e accettare gli accordi internazionali già siglati. L’esperienza del passato, che ha visto il fallimento dei governi di centrosinistra con il conseguente annullamento anticipato degli accordi di coalizione, non dovrà ripetersi. Su questo punto la base di SEL non fa mancare le polemiche, visto che tra l’altro il partito si è impegnato al riconoscimento del patto fiscale europeo.
L’immediata sospensione della politica di austerità è stata una delle principali richieste presentate dagli Arancioni, una coalizione nata agli inizi di dicembre con lo slogan non proprio originale di “Cambiare si può”. Il tentativo di creare un’alternativa di sinistra formata da un mosaico di movimenti sociali e fazioni comuniste, è tuttavia fallito dopo poche settimane. La lista “Rivoluzione civile” presentata dall’ex procuratore antimafia Antonio Ingroia raccoglie frange di altri partiti di sinistra, però gli iniziatori della “società civile” nel frattempo hanno in gran parte ritirato il proprio appoggio alla coalizione elettorale.
Inoltre non è ancora chiaro se la lista riuscirà a superare lo sbarramento del quattro per cento per l’accesso alla Camera dei deputati. Dal momento che l’alleanza tra i populisti di destra del “Movimento 5 stelle” del comico Beppe Grillo è assolutamente in contrasto con il compromesso socialdemocratico di Vendola, appare impossibile un accordo di coalizione. A ciò si aggiunge l’improbabilità di entrare al Senato, dove la soglia di sbarramento è all’otto per cento.
Vendola difende la sua fedeltà al Partito Democratico, basandosi sull’attuale legge elettorale, con queste parole: “Siamo noi che in prima persona possiamo spostare a sinistra l’equilibrio del potere sociale e politico della società italiana”. In realtà solo un risultato elettorale favorevole alla sinistra potrebbe evitare un secondo mandato per Mario Monti.
Secondo la vigente legge elettorale i premi di maggioranza nei due rami del parlamento sono distribuiti in maniera differente. Alla Camera il bonus viene assegnato in base al risultato complessivo delle consultazioni a livello nazionale, e secondo i recenti sondaggi ci si dovrebbe aspettare dalla coalizione di sinistra una larga maggioranza. Al contrario al Senato il bonus viene assegnato in base ai risultati elettorali a livello regionale. Qualora molte delle grandi regioni come la Lombardia, la Campania, e la Sicilia dovessero venire a mancare, la coalizione di sinistra perderebbe la maggioranza al Senato. In questo caso i democratici sarebbero costretti ad una coalizione con Monti per formare un governo di maggioranza.
Dopo che il Partito Popolare Europeo a Bruxelles poco dopo Natale ha manifestato apertamente le proprie preferenze per l’ex primo ministro quale candidato premier, Monti ha rinunciato alla sua presunta imparzialità. Si è proposto come sponsor per una lista elettorale da lui creata, dal nome ambiguo di “Scelta Civica per Monti” in cui sono confluiti i democristiani dell’UDC e la frazione politica postfascista del FLI.
I partiti di centro mirano ad evitare una netta maggioranza al Senato, allo scopo di imporre la propria influenza. Monti ha ripetutamente invitato il candidato premier del PD a tagliare le “ali estremiste“ della sua coalizione e a prendere le distanze dalle forze sindacali “antiquate”. Bersani ha replicato all’arroganza professorale con velata moderazione: il PD tiene aperta la possibilità di un’alleanza con i conservatori e non conduce alcuna campagna offensiva contro Monti, anzi considera ancora Berlusconi come proprio avversario politico.
Tuttavia nonostante la sua costante presenza in tutti i canali televisivi, anche per l’ex primo Ministro la sua preoccupazione è quella di evitare una maggioranza di sinistra al senato. Eppure la campagna elettorale indica quanto influente sia il berlusconismo nella cultura italiana. Tutte le formazioni politiche sono guidate da figure carismatiche. Monti ha dato non solo il suo nome alla lista, ma anche al suo programma elettorale. Il comico Grillo è persino il legale titolare del suo Movimento 5 Stelle, decide da solo chi può utilizzare il logo del suo marchio, concede o revoca con autorità i diritti d’uso.
Gli Arancioni sono tenuti insieme dalla notorietà di Ingroia, il cui nome campeggia a caratteri cubitali sul logo della lista. La moda delle personalità in evidenza si completa con l’introduzione di elementi plebiscitari. La vittoria della candidatura di Bersani alle primarie ha rafforzato il legame tra il partito e i suoi seguaci. Allo stesso tempo il sistema a elezione diretta sfavorisce il rifiuto di strutture di rappresentanza e alimenta il risentimento verso le istituzioni.
La furia, con cui l’imprenditore edile e mediatico Berlusconi si avventò vent’anni fa contro i vecchi partiti, imperversa ancor’oggi in tutti i campi politici. L’indignazione nei confronti della “casta politica” va di pari passo con il rifiuto della differenza tra destra e sinistra e ha avuto il suo culmine la settimana scorsa quando Grillo rompendo con il consenso antifascista del dopoguerra, ha apertamente simpatizzato, sebbene non per la prima volta, con il movimento fascista “Casa Pound”.
Anche i restanti partiti, pur puntando su un presunto impegno al di fuori dell’ambiente politico, a seconda delle tendenze di opinione, inseriscono nelle proprie liste elettorali alcuni “protagonisti della società civile”. Secondo la tradizione liberale, stanno optando per la lista di Monti “ Scelta Civica” rappresentanti dell’economia, del mondo universitario e della Chiesa.
La coalizione Bersani-Vendola in linea con la tradizione comunista di Antonio Gramsci punta sulla egemonia culturale e nel rispetto di questi criteri propone quali candidati personaggi del mondo sindacale e del giornalismo. E’ proprio Il gruppo “Rivoluzione Civile” guidato dal pm Antonio Ingroia e appoggiato da alcuni suoi ex colleghi magistrati, che svela la motivazione normativa e penale di questi benefattori impegnati politicamente.
Lo zelo giuridico è rivolto non solo contro gli intrighi mafiosi, ma sempre più anche contro i movimenti della sinistra. La settimana scorsa sei persone, che avevano partecipato ad una manifestazione nell’ottobre del 2011, conclusasi con violenti scontri, sono stati condannati a Roma a lunghe pene detentive accusati di “saccheggio e devastazione” in base ad un articolo risalente al vecchio codice penale antifascista. Per uno dei condannati non è stato possibile dimostrare nemmeno il reato di danneggiamento, visto che dal materiale fotografico risulta essere fermo in prossimità di un veicolo dei carabinieri in fiamme mentre sta ridendo.
La repressione del conflitto sociale, attuata in modo sproporzionato, a scopo intimidatorio, fa consenso all'interno della società civile. Non a caso tra i candidati della lista civica di Ingroia è presente anche l’ex magistrato Antonio di Pietro, che in passato si era dichiarato contrario all’istituzione di una commissione d’inchiesta parlamentare per le violenze a Genova nel 2001.
I movimenti radicali di sinistra dovranno affrontare il conflitto con questo populismo dai risvolti criminali che coinvolge i partiti, anche se gli stessi si definiscono “osservatori esterni e disinteressati” della campagna elettorale.
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