Nando Dalla Chiesa, sociologo italiano, parla di impunità per prescrizione del reato per Berlusconi, delle opportunità di Monti, degli affarucci di Wulff e dello spread morale.
taz: Signor Dalla Chiesa, Berlusconi l’ha scampata ancora una volta - il processo che lo vedeva accusato di corruzione di un avvocato si è concluso con la prescrizione del reato. Nel suo partito, questa è stata considerata una vittoria. Valutando la cosa dall’esterno, secondo lei i sostenitori di Berlusconi fanno bene a gioire?
Nando Dalla Chiesa: Sono quelli che hanno festeggiato, anche quando un amico intimo di Berlusconi è stato condannato a "soli" cinque anni. Questo è un paese stranissimo, in cui anche i condannati passati in giudicato vengono festeggiati, non solo, vengono persino considerati vittime di una magistratura politicizzata. Anche ora ci troviamo di fronte allo stesso fenomeno - come qualche anno fa, quando Giulio Andreotti se la cavò. A quel tempo, la Corte stabilì che il politico, da anni era in combutta con la mafia – ma che tuttavia il reato era prescritto. Non c’è più alcun rispetto per il significato e il contenuto delle sentenze. Che cosa vuol dire allora prescrizione? Che un crimine è stato quindi effettivamente commesso.
Legalmente, dunque, una netta differenza rispetto ad una assoluzione.
Berlusconi non ha ricevuto l’assoluzione: il fatto che il giudice non lo abbia assolto, dimostra che è convinto della sua colpevolezza.
Berlusconi non ha ricevuto l’assoluzione: il fatto che il giudice non lo abbia assolto, dimostra che è convinto della sua colpevolezza.
In Italia però, da sempre nella valutazione di tali decisioni ci sarebbe non solo l’aspetto "legale" ma anche quello "politico". E in base a questo aspetto il verdetto finale rappresenta un "pareggio” tra Berlusconi e i procuratori, proprio un "giudizio salomonico".
NANDO DALLA CHIESA nato nel 1949, è professore di sociologia della criminalità organizzata presso l'Università di Milano. Suo padre, Carlo Alberto Dalla Chiesa era prefetto di Palermo, è stato assassinato nel 1982 da Cosa Nostra.
Cosa vuol dire in questo caso "salomonico"? La Corte non ha assolutamente stabilito che entrambe le parti - Berlusconi e i procuratori – siano sullo stesso livello. Essa ha stabilito la colpevolezza dell’imputato, che purtroppo però non subisce la punizione, soprattutto perché Berlusconi si è fatto approvare, come capo del governo, una legge per accorciare i tempi della prescrizione.
Come mai esistono in particolare queste sottili distinzioni tra "legale" e "politico"?
Perché la politica in Italia è rimasta scissa dall'etica. Se Berlusconi ha commesso un reato, ma non può essere punito, resta tuttavia il problema etico - ma la politica spiega, che questo problema etico non esiste. Un politico sarebbe obbligato a rendere conto solo se viene condannato dalla magistratura. Normale sarebbe se le persone ora dicessero, "che vergogna se l'è cavata perché ha accorciato la prescrizione stessa." Invece, l'impostazione del processo viene considerata ora come se avesse stabilito la sua innocenza. La politica ha costruito un sistema in cui viene abolita la bussola morale.
Berlusconi ha peggiorato molto le cose. Ma già molto tempo fa la politica italiana aveva un rapporto distorto con la legalità, sembra essere il peccato originale della nostra politica.
Lei ha citato il democristiano Giulio Andreotti, sette volte primo ministro d'Italia fino al 1992.
Per 27 volte la magistratura avrebbe tentato di condannarlo, 27 volte il Parlamento ha respinto la revoca della sua immunità.
Altrove, il presidente si dimette quando diventa oggetto di indagini giudiziarie.
Altrove, il presidente si dimette quando diventa oggetto di indagini giudiziarie.
È significativa come è stata commentata la vicenda Wulff in Italia. Per esempio come ha scritto il Corriere della Sera: vedete, anche gli altri hanno problemi con la legalità, quindi i tedeschi dovrebbero gentilmente risparmiarci i loro sermoni. La piccola differenza è che Wulff si è dimesso immediatamente, per dei fatti, che qui da noi sarebbero stati considerati una bazzecola.
Lei ha parlato del difficile rapporto dei politici italiani con la legalità. Non li aiuta nemmeno la profonda divisione della società italiana?
Certamente. Gli italiani si comportano anche nei confronti dei problemi giudiziari di Berlusconi come se fossero dei Tifosi - a favore o contro. Questo perché non riusciamo a mettere lo Stato al di sopra dei partiti. Da noi sono stati i partiti, che dopo la Resistenza contro Hitler e Mussolini del 1945, hanno formato il governo della Repubblica reclamando sempre il loro primato sullo Stato. Il senso dello Stato non è profondamente radicato neanche nei cittadini . A ciò si aggiunge, una buona parte della società, che si riflette in Berlusconi solo quando viene accusato di attività illegali. Gli evasori fiscali, l'imprenditore che ricorre alla corruzione: Si identificano con il "perseguitato" Berlusconi.
Ora Mario Monti è al timone. Cambia qualcosa in questo campo?
Prima di tutto, l'intero paese h tirato un sospiro di sollievo, quando Berlusconi se ne è andato. Io stesso come italiano, mi sento rappresentato da Monti - da qualcuno che è molto rispettato anche a livello internazionale. Ma non so se gli italiani riusciranno a capire davvero le nuove qualità complessivae di questo governo. Una parte della destra sembra non provare assolutamente alcun rimorso per gli anni di Berlusconi. A sinistra, però, spesso si dice che Monti sia solo un governatore delle banche - per poi rapidamente dimenticare che prima di Monti avevamo Berlusconi, e che questi potrebbe anche ritornare dopo Monti. In questo paese, può succedere di tutto, abbiamo già visto che non c'è limite alla vergogna. L'Italia ha bisogno prima di tutto – sia a destra che a sinistra – di un governo che si dimostri decoroso.
Non per niente alcuni commentatori italiani parlano anche di uno "Spread morale", che dovrebbe includere il paese.
Monti è in grado di ridurre questo spread. Ma Monti non agisce da solo, si ritrova in un sistema politico. In un sistema in cui molti attori sono caratterizzati da comportamenti che sono di gran lunga più difficili di quelli dell'ex presidente federale tedesco. Non abbiamo la cultura delle dimissioni. Qui lo stato è una cosa da sfruttare. Abbiamo certamente molti fedeli servitori dello Stato - ma anche molti che fanno uso dello Stato. E la mia impressione è che questo secondo gruppo è più forte.
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