25 luglio, 2012

Nell’alienazione culturale la ricchezza dell’Italia

Italien Schätze Kulturdemenz

Nell’alienazione culturale la ricchezza dell’Italia
Dipendenti pubblici sempre più anziani e disoccupazione giovanile preoccupano i “beni culturali”. L’archivio di stato a Napoli forse si ritroverà presto con soli sei collaboratori.
L’Italia è un paese con una lunga storia. In nessun’altra nazione nel corso dei secoli si è accumulata tanta cultura. La cosa è ufficiale, non solo grazie al gran numero di siti patrimonio dell’Unesco (45), ma risulta anche dal recentissimo rapporto della Corte dei Conti. A dire il vero verrebbe da chiedersi se  i 3430 musei statali, i quasi dodicimila edifici religiosi tra chiese e conventi, i 40.000 castelli e roccaforti oltre a 30.000 palazzi storici, quattromila giardini e parchi a cui si aggiungono migliaia di centri storici cittadini, siano da considerarsi una maledizione o una benedizione.

Finanze e aspettative di vita
In termini di buoni propositi i “beni culturali” vanno considerati per così dire risorse, come carburante italiano per rifornire turismo culturale, produzione di opere, ricerca, qualità della vita. La Corte dei Conti ha persino scoperto che gli Uffizi di Firenze sono molto meglio sfruttati del Louvre di Parigi, in quanto, è vero che nella città sulle sponde dell’Arno solo il quaranta percento dei tesori artistici viene esposto al pubblico, però viene ripartito su uno spazio che basta appena per 45.8 visitatori l’anno per metro quadro, un vero record! Per una tale ricchezza culturale l’Italia sacrifica pochissimo patrimonio nazionale.
Negli anni passati la quota del PIL si è almeno dimezzata. I francesi stanziano cinque volte di più rispetto agli italiani e i tedeschi incrementano persino i pagamenti. Si potrebbe quindi dedurre che chi possiede meno tesori storici, si fa pagare ben di più. Ora il “Belpaese” non è solo un paese vecchio storicamente, ma lo è anche dal punto di vista demografico. Ed ecco che la curva discendente delle finanze, da tempo coincide con quella ascendente dell’aspettativa di vita. La galoppante disoccupazione giovanile ne è la conseguenza.
In verità esiste una “legge per incentivare l’assunzione dei giovani nel pubblico impiego”, ma risale al 1977. All’epoca nei musei e nelle biblioteche fu assunta quasi tutta gente che sapeva  a mala pena leggere e scrivere. Oggi persino il personale altamente qualificato non riesce a trovare neanche un lavoro a part-time. Il pubblicista Giuseppe Galasso ha ora presentato il conto per l’importante archivio di stato a Napoli, dove fino a pochi anni fa erano accalcati 130 collaboratori Oggi però ne sono rimasti solo sessanta e siccome l’età media si attesta attorno ai tanto decantati  sessanta anni, presto tutto il personale dovrà andare in pensione. Se si tiene conto che contemporaneamente ci sarà il blocco delle assunzioni, a breve i dipendenti rimarranno soltanto sei. Questi sono per la vita i pro e i contro della storia: i paesi che hanno una storia sono belli. Ma sono anche prossimi alla data di scadenza.

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