30 marzo, 2012

Un museo contro la Mafia calabrese

Italienischer Sozialarbeiter über die Mafia
„Weniger Tote, größere Gefahr“

Un operatore sociale italiano contro la mafia
"Meno morti, ma maggiori pericoli”

di Ambros Waibel
Traduzione di Claudia Marruccelli
Pubblicato su Taz.de il 22/03/2012
Da due anni, un museo in Calabria illustra cosè la mafia. I boss hanno paura del coraggio civile? Il direttore di questo museo parla degli omicidi di Duisburg nel 2007.

 Das Museum der 'Ndrangheta


taz: Sig. La Camera,  ci siamo già incontrati una volta due anni fa, quando a suo tempo Lei ha aperto il museo sulla  'Ndrangheta. E come allora sono ancora interessato a sapere come funziona un museo della mafia situatoproprio nel paese della mafia?

Claudio La Camera: Prima di tutto: Il museo esiste ancora e poi abbiamo raggiunto tutti gli obiettivi che ci eravamo prefissati. In secondo luogo la conoscenza del fenomeno della 'Ndrangheta è notevolmente aumentata, ora c'è una cultura del sapere completamente differente. Si è sviluppata una stretta collaborazione tra istituzioni governative, scuole e università. In terzo luogo, siamo riusciti quest'anno a rendere il museo un effettivo luogo di esposizione. Tutto questo si scontra però con il fatto che le tensioni politiche nella nostra regione sono notevolmente aumentate - e questo in una fase in cui la situazione è peggiorata anche a livello nazionale.
Sede del Museo della 'Ndrangheta a Reggio Calabria
 Peggiorata? La fine dell’era Berlusconi non è stata una liberazione?
Tutti abbiamo accolto con gioia la caduta del governo Berlusconi, se non altro perché finalmente sembrava possibile che qualcosa potesse davvero cambiare, anche se attualmente non sembra proprio. Temiamo piuttosto una riorganizzazione di quei grandi gruppi di interesse nella politica italiana, che hanno tenuto sotto controllo  il nostro paese per almeno 15 anni condannandolo alla paralisi. E non più tardi dell'anno prossimo ci saranno le elezioni in Italia: ecco che non vediamo assolutamente nulla di nuovo, nessuna nuova cultura politica, nessun nuovo personaggio di spicco.


La 'Ndrangheta - nel frattempo è diventata una parola che si può pronunciare apertamente in Calabria?
Qui si è fatto molto - ma ci sono voluti anche anni. Ora è possibile pronunciare la parola 'ndrangheta' , ma la sua base sociale è ancora molto forte. E soprattutto, molte frange dell’elite politica e pseudo-intellettuale sono ancora del parere che si dovrebbe parlare meno di 'Ndrangheta, e più delle bellezze locali.


Claudio La Camera è operatore ecologico (spazzino) e presidente dell'associazione che cura il museo sulla mafia, ma è anche a capo della compagnia teatrale internazionale "Teatro Proskenion." Per quasi 20 anni ha lavorato in tutti i continenti ed si occupa in particolare di teatro in situazioni di emergenza.

Claudio La Camera
 La magica Calabria secondo gli spot pubblicitari.
Il turismo è solo un pretesto. Alla base c’è ciò che noi chiamiamo "zona grigia", ovvero una segreta collusione con la 'Ndrangheta. La storia del movimento antimafia insegna che questo tipo di clientelismo e negazione [della realtà] è sempre esistito - nelle istituzioni, nei servizi segreti, tra gli intellettuali, in molta gente comune. Ma noi tutti non diventeremo più bravi e buoni se ci limitiamo a parlare solo del lato bello della Calabria.


Come reagisce allora la 'Ndrangheta a questa offensiva, per esempio verso lei e il suo museo, che è collocato in una villa confiscata ad un boss, oppure nei confronti della magistratura e della polizia?
I boss ne parlano, come documentato di recente da alcune conversazioni intercettate. Dicono che dobbiamo fare attenzione a non perdere il consenso tra la gente comune. In precedenza, dicono, eravamo rispettati, oggi siamo invece solo temuti. Il problema però è che la fisionomia della mafia di oggi è complessa, intellettuale, imprenditoriale. E a questo livello, possono reagire in maniera completamente differente alle offensive repressive e culturali. [La ‘Ndrangheta] ha una quantità infinita di denaro, è molto più potente di noi, è più veloce.


Quanto è pericoloso questo, che cosa fate, lei e i suoi collaboratori del museo?
Siamo costantemente in pericolo. E 'chiaro che non può accadere nulla nei luoghi abituali che frequentiamo. Il vero problema è l'imprevedibilità. Un giorno ci minacciano con  i metodi tradizionali, il giorno dopo tentano di delegittimarci moralmente, quindi pagano i giornalisti per attaccarci personalmente. Una cosa è certa: la violenza brutale è l'ultima risorsa, perché sanno che quella è meno efficace. Perché, così attirano l'attenzione su di loro.


Ciò significa che a Reggio le auto non saltano più in aria ?
Molto meno di due anni fa. Di recente, ho ribadito più e più volte - anche in Germania in occasione della scoperta dell’eccidio nazista della NSU [National Sozialistsche Union ndt] - che la nostra esperienza in Italia ci ha insegnato una cosa: un fenomeno criminale che ha forti radici culturali, non è possibile misurarlo con la violenza fisica e con il numero di morti. Abbiamo dovuto fare l’amara esperienza che  la minaccia da parte della criminalità organizzata è aumentata, da quando c’è meno violenza brutale e meno morti.


Ci spieghi meglio.
La violenza principale si è sempre svolta all'interno delle mafie. Le due faide della 'Ndrangheta calabrese tra gli anni 70 e 90 con oltre 1.000 morti sono consistite in scontri tra cellule della ‘Ndrangheta stessa, le cosiddette "cosche". E poi prendiamo l'esempio del Messico: i più potenti cartelli messicani della droga  che si sono lasciati alle spalle sanguinosi massacri. Non hanno più bisogno di questo, sono già al potere, essi sono lo Stato, sono la cultura dominante. La forza bruta caratterizza solo la fase iniziale della criminalità organizzata. Anche lo stato più corrotto deve dare una risposta alla violenza contro i suoi cittadini  - alle infiltrazioni del terrorismo di stato al contrario no.


La 'Ndrangheta è diventata quindi più potente perché oggi impiega meno delinquenti e assassini e più avvocati, imprenditori e architetti?
E così dappertutto. Il fatto che qui a Reggio sono stati recentemente arrestati procuratori, poliziotti e sacerdoti, perché erano affiliati con la 'Ndrangheta - un termine giuridico chiave qui è "collusione" - dimostra solo che siamo ancora indietro. Perché si dovrebbe uccidere un procuratore che si dà da fare, quando c’è la sua guardia del corpo che li tiene informati di ogni suo passo? Recentemente, qui è stata organizzata una marcia anti-mafia a sostegno di un sindaco vittima di un attentato. Beh, sappiamo che questo sindaco è un affiliato della 'Ndrangheta. Credo che solo una minima parte degli attentati siano reali.
Distribuzione sul territorio tedesco delle inflitrazioni mafiose


In Germania, si parla di omicidi di 'Ndrangheta solo dal 2007, epoca dell’episodio dei famosi omicidi di Duisburg, dove sono stati uccise a colpi di pistola sei persone. Come percepisce il dibattito tedesco?
Abbiamo già problemi  in Calabria e nel resto d'Italia, quando parliamo di 'Ndrangheta. Non mi sorprende che in Germania, prevalga l’aspetto folcloristico. Il problema principale è che in tempi di crisi economica, nessuno stato vuole far sapere di situazioni e strutture che forniscono una fonte virtualmente illimitata di denaro.


Come dobbiamo immaginare le attività mafiose in Germania?
Molto interessanti sono le indagini della polizia, in particolare i nomi degli atti del processo di "Cent'Anni di storia" nel 2011 a Reggio. Essi mostrano la connessione tra il controllo del secondo porto più grande d’Italia a Gioia Tauro da parte delle cellule mafiose e la  Germania e la Russia. Queste informazioni non sono state divulgate nel processo. Se qualcuno vuole davvero sapere come agiscono le mafie in Germania, dovrebbe seguire la cocaina di 30 anni fa e il flusso di denaro di oggi. Da dove viene, come si è investito? Ma nessuno fa niente. Non abbiamo modo di sapere se c'è una famiglia con un cognome particolare, un clan in Germania, perché sappiamo già da tempo chi governa a Stoccarda o Francoforte.

Distribuzione sul territorio nazionale dei beni sequestrati alla Mafia


Qual è il futuro del Museo della Ndrangheta '?
Il museo è la proprietà immobiliare più importante tra i beni confiscati alla mafia a Reggio, e l'unica che è stata convertita in una vera opera sociale, che funziona come istituzione. Facciamo rabbia perché andiamo più in profondità, nella "zona grigia" di cui parlavo prima. Molti cittadini ci appoggiano. Ma se ci saremo ancora tra sei mesi, questo non lo so.

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27 marzo, 2012

Vecchio, smamma!! - Alter, go home!

Vecchio, go home!

Alter, Go home!


L’attuale dibattito italiano sulla liberalizzazione del mercato del lavoro, richiesto tra l’altro dalla Germania e dall’UE, ruota attorno all’articolo 18 del codice penale [art. 18 dello statuto dei lavoratori, ndt]. Il governo Monti vuole indebolire la normativa che tutela il licenziamento nelle aziende con più di 15 dipendenti. In realtà il conflitto tra i diritti dei lavoratori dipendenti e le richieste avanzate dai politici e dalle imprese, è più complesso: l’argomento riguarda non tanto un “gruppo di persone”, bensì in particolare l’”età”.
L’articolo 18 difatti riveste particolare importanza solo per i lavoratori in età compresa tra i 50 e i 60 anni – che nell’ambito del dibattito vengono indicati con la sigla: “C/S” (cinquantenni / sessantenni).

Corrotti e ignoranti
E’ l’eccesso di contratti a tempo determinato che inibisce le potenzialità di sviluppo della società italiana: la generazione dei 50–60enni detiene un eccesso di potere nelle sue mani, senza avere le competenze necessarie per guidare il paese fuori dalla crisi. Quando questa generazione ha iniziato a lavorare, l’Italia conosceva la sua prima grande e piena espansione economica. I C/S ottennero posti di lavoro nelle scuole, nelle università, nella gestione del settore privato e spesso senza un diploma di scuola superiore, senza concorsi, nessun test attitudinale. I dirigenti, che li assumevano, erano più interessati ad ottenere un elettorato fedele. Allo stesso tempo i C/S sono i protagonisti delle rivolte del 1968 e del 1977. Dalla liberalizzazione della società scaturì rapidamente la liberalizzazione dei consumi, dalla liberazione sessuale si è passati al sesso come merce di scambio, con cui si poteva fare carriera e corrompere. C’è un’altra caratteristica tipica della moderna società italiana: i C/S hanno dato vita al sistema delle “tangenti”, cioè la corruzione sistematica al fine di assicurarsi gli appalti pubblici. I C/S sono stati i protagonisti del regime di Berlusconi, hanno sminuito l’importanza dei partiti, minato lo Stato di diritto e dato origine ad un sistema mafioso corrotto e diffuso.
Hanno sostituito il grande potenziale italiano, la bellezza delle sue città e dei suoi paesaggi, con giungle di asfalto, hanno umiliato tutti i settori della cultura e dello spettacolo – dalla televisione al cinema, la letteratura, le arti visive e perfino lo sport – riducendoli a mercati di pura prostituzione. Accanto a celebrità come il capo della Fiat Marchionne figurano come protagonisti della degenerazione di questo gruppo di anziani, i leader dei partiti politici italiani e i top manager delle grandi aziende e delle grandi banche. In breve grazie al momento storico giusto in cui l’hanno ottenuta, la più grande concentrazione di potere è nelle mani di una generazione pigra e incompetente.

Manifestazione nel 1968
La nuova morale dei giovani
Al contrario, gli under 40 (T/Q) sono l’ultima generazione che ha studiato nelle università, che non sono stati indeboliti dalla cosiddetta riforma dell’istruzione. I T/Q, occupano di solito, sul posto di lavoro, posizioni subalterne, in cui contribuiscono essenzialmente alla ricerca. Sono questi specialisti precari che mantengono l’Italia in piedi. Non possono ottenere prestiti o mutui, per potersi rendere indipendenti, non possono comprare né casa, né un appartamento, per loro sembra che non ci sia posto nei centri urbani . L’unica cosa che hanno è l’eredità del C/S: un paese in rovina e il compito di ricostruirlo. Ma come? La psicologia dei T/Q è complessa. Essi vorrebbero fondare una famiglia, ma non possono. Non hanno niente altro che le loro idee. Ma in Italia il mercato delle idee è stato da tempo sottomesso ad un potere nemico della cultura, resta solo o la “fuga dei cervelli” o una strenua opposizione ai C/S. Mentre questi combattono ancora contro lo sfruttamento del corpo femminile, i T/Q tentano di stabilire una morale diversa. I C/S sono i più avidi consumatori di prostituzione in Italia, i T/Q sono alla ricerca dell’ amore. Il C/S non scendono più in piazza per manifestare, e perché poi?: restano seduti belli comodi nelle loro poltrone di consumatori mentre i T/Q vengono picchiati dalla polizia, perché chiedono pubblicamente rispetto e dignità.

Giovani che manifestano oggi
C’è anche la mafia stessa
Però il vero conflitto tra le generazioni ruota attorno la democrazia. I C/S si sono liberati dell’eredità dell’ anti-fascismo e della “Resistenza” a favore di una democrazia pilotata come un quiz televisivo. Dalla resistenza al summit del G-8 a Genova fino ai recenti scontri in corso contro la linea ad alta velocità in Piemonte (“No-Tav”) – la risposta dei C/S è sempre: i manganelli della polizia. I C/S sono una potente classe sociale che agisce in maniera anacronistica nella nuova era della democrazia globalizzata. E non è un caso che la debolezza di questi anziani sia venuta fuori con la caduta di Berlusconi. Le università italiane sono orfane spiritualmente, i mass media hanno reso pubblico il problema a proprio vantaggio, i giovani lavoratori nelle fabbriche scioperano, i partiti invecchiano completamente. Persino la camorra sfocia in sanguinose guerre intestine di mafia tra giovani e anziani – come anche nella tradizionale famiglia italiana: il conflitto tra padre e figlio non è più una cosa astratta. Si tratta di cose materiali, di soldi.
Se i C/S vogliono assicurarsi la tranquillità degli ultimi anni della propria vita, allora devono ritirarsi dal mercato del lavoro. Altrimenti, ciò che un tempo si chiamava conflitto di classe, si trasformerà improvvisamente in un problematico e serio gap generazionale; i T/Q proletari serreranno i ranghi, per chiedere parità di diritti nel mercato del lavoro e manderanno al diavolo questa aristocrazia ignorante e inabile dei C/S.

LEONARDO PALMISANO. Nato nel 1974 a Bari, è scrittore e sociologo. Recentemente è stato pubblicata in un volume un’intervista sul dopo Berlusconi. Ha scritto reportage dalla Tunisia per i quotidiani Liberazione e Il Manifesto.
Chi appartiene a questa generazione ha, generalmente un contratto di lavoro a tempo indeterminato con la prospettiva di una pensione, che certo arriverà dopo periodo di tempo piuttosto lungo, ma che almeno è sicura. Per il 30–40enni, tuttavia, esistono più di 40 diversi tipi di contratti – anche a questo gruppo di persone è stata attribuita una sigla: T/Q (Trenta / Quarantenni).

21 marzo, 2012

Mamma mia la Merkel!!!

Mamma mia, la Merkel!


Anche in Italia la Cancelliera è più temuta che amata


La Cancelliera si trova oggi a Roma con il suo omologo italiano, Mario Monti per un incontro sulla crisi dell’euro. Con le ricette tedesche – in particolare il rigore di bilancio – tutta l’Europa dovrebbe uscire rafforzata dalla crisi e assumere un ruolo più importante nel contesto internazionale. Gli italiani, invece, sono scettici.

E’ soprattutto sui giornali e nelle emittenti televisive del gruppo Berlusconi che la cancelliera tedesca viene presa regolarmente di mira. I soliti paragoni nazisti, non si sprecano anche gli insulti volgari. La campagna mediatica non perde l’effetto desiderato: “E’ troppo rigida, vuole comandare da sola in Europa”. “Sa quello che vuole quando si tratta di curare gli interessi tedeschi”. “Facciamo parte di un’unica Europa, se si deve pensare anche ai più deboli, allora non abbiamo più bisogno dell’Europa”.


La feroce critica alla Merkel da parte del partito di Berlusconi ha una motivazione molto semplice: attualmente manca un modello chiaro di nemico, siamo costretti a sottostare ad una grande coalizione nel governo di Mario Monti, quindi l’enorme frustrazione del PdL si sfuma abbattendosi sulla cancelliera tedesca. Inoltre, la si ritiene responsabile delle dimissioni dell’eterno primo ministro Silvio Berlusconi. Nicola Filippone del quotidiano “Il Sole 24 Ore” tiene in poco conto simili teorie di complotto. “Ha poco a che fare con la caduta di Berlusconi, ma questa è l’impressione che ne viene fuori: Questo cambiamento in Italia, ha naturalmente anche una dimensione europea e tedesca “.


Flashback: Un anno fa, il Bel Paese era ancora entusiasta della Cancelliera tedesca, considerata una valida alternativa allo scandaloso primo ministro Berlusconi e a una classe politica che pensa, ad arricchire se stessi piuttosto che il proprio paese. Si è parlato con stima della “Merkel”. “Ciò che sta facendo la cancelliera è molto sensato, l’Unione europea deve darsi da fare, dobbiamo fare più sacrifici e prima di tutto diventare più onesti”.

Con Mario Monti ha preso piede in Italia un nuovo stile politico. E mentre il nuovo primo ministro acquista sempre più popolarità tra la gente, i punti a favore della Merkel precipitano. No, in realtà in Italia la Cancelliera non gode della stessa simpatia. “Oh, non è che non mi piace, ma è troppo in gamba. Secondo me le piace troppo comandare.”

L’immagine tedesca della Merkel è ben diversa da quella italiana. In patria, la Cancelliera sembra più una che tentenna, in Italia invece appare come una energica. Mira con freddezza e velocità agli interessi tedeschi. “Ci piaceva più prima. Ma allora era dura soprattutto con la Grecia. Penso che avrebbe potuto fare qualcosa di più per aiutare la Grecia”. E ora gli italiani hanno paura. Tocca a noi la prossima volta. Anche se Monti ripete come un mantra: Non stiamo risparmiando per Bruxelles, ma per il futuro dei nostri figli, molti italiani vedono in Angela Merkel la vera responsabile delle drastiche misure di austerità, scrive il giornalista Nicola Filippone: “In Italia c’è l’opinione che molte misure sono da ricondurre a lei. E considerata come la regista che punta più sulla disciplina di bilancio e meno sulla crescita. E c’è effettivamente un motivo di base per cui i falchi del suo governo, per esempio Schäuble, fanno pressioni esattamente in questa direzione.”

Una vignetta vale più di mille parole. Nel “Corriere della Sera” Monti è seduto ad un tavolo apparecchiato, accanto alla seria Angela Merkel, più padrona di casa che cameriera che ordina: Ingoia, con i tedeschi non si scherza..

15 marzo, 2012

La Tav: un doppio affare per la mafia



Ecco come la mafia, fa soldi con i treni ad alta velocità

di Nina Merli
Traduzione di Claudia Marruccelli

Per anni, gli attivisti ambientalisti hanno protestato contro la costruzione della linea ad alta velocità Torino-Lione. L’esperto di mafia e scrittore Roberto Saviano ci spiega quali sono gli ulteriori pericoli che il progetto comporta.

I primi di marzo gli attivisti ambientalisti italiani si sono nuovamente scontrati  con gli agenti di polizia. In tutta Italia sono rimastiparalizzati tratti autostradali, hanno occupato stazioni ferroviarie e bloccato statali. Causa delle proteste a livello nazionale è stato - ancora una volta - il progetto di costruzione della linea ferroviaria ad alta velocità che collega Torino a Lione. La tratta controversa è una parte della rete ad alta velocità TAV (Treno ad Alta Velocità), che attraversa tutta l'Italia e la cui costruzione è iniziata nel 1970.
I membri del comitato No-TAV si oppongono al progetto eda anni sono impegnati contro l'ampliamento della linea ferroviaria tanto che già nel 2005 erano avvenuti pesanti scontri tra gli ambientalisti e la polizia. Nel luglio dello scorso anno è dalla Val di Susa (Piemonte), dove la linea ad alta velocità è in fase di costruzione, che è ripartita l'escalation di violenza. 30.000 persone hanno preso parte alle proteste, di cui circa 200  sono rimaste ferite.


Il vero problema è la mafia
Mentre gli attivisti No-TAV  si oppongono alla costruzione soprattutto per ragioni ambientali,  l'avversario della mafia italiana e scrittore Roberto Saviano ("Gomorra"), in un articolo sul quotidiano "La Repubblica", ci illustra un problema ben diverso: la mafia. L'organizzazione criminale che controlla quasi tutti i più importanti cantieri edili  italiani. "Tutti parlano di TAV, ma, soprattutto quando si è in prima linea, bisogna essere consapevoli di quello che il progetto trascina con se", scrive Saviano, "negli ultimi trent'anni i treni ad alta velocità sono diventati strumento di diffusione della corruzione e della criminalità organizzata." È un fatto che pesa di più di tutti gli argomenti ambientalisti e politici. Secondo Saviano, al momento occorre valutare, in particolare se i cantieri in Val di Susa, portino con sé soprattutto benefici economici o svantaggi ecologici. E molto più importante assicurarsi che il cantiere non diventi la più grande miniera d'oro per la mafia.
Il fatto che la mafia in Italia allunghi le sue mani in molte imprese edili, da tempo non è più un segreto. Tenuto conto che la corruzione dei politici è all’ordine del giorno, è normale che la mafia controlli le ditte aggiudicatrici degli appalti (tra cui i cantieri autostradali, le urbanizzazioni residenziali o le linee ferroviarie). "La storia dell'alta velocità in Italia si basa su un accumulo di capitali provenienti dai cartelli per l’edilizia della mafia. I clan interessati si stanno preparando da anni sulla Torino-Lione ", dice Saviano.
Questa ipotesi è  confermata anche dalla Direzione Nazionale Anti-Mafia (DNA): Nella sua ultima relazione annuale (2011), la regione Piemonte si colloca al terzo posto nella distribuzione della mafia calabrese. La cosiddetta 'Ndrangheta è quella oggi più influente in Piemonte, dopo la Calabria e la Lombardia. Con un volume d’affari stimato di 44 miliardi di euro (2007), la 'Ndrangheta è considerata l'organizzazione mafiosa più potente d'Europa.



Cantieri utili per i rifiuti pericolosi           
La mafia procede nella sua infiltrazione evidentemente in maniera molto intelligente e si fa avanti con imprese edili appositamente create per il nord. Anni fa la Guardia di Finanza ha scoperto, che la società milanese Edilcostruzioni  era legata a Santo Maviglia, uno spacciatore di droga calabrese - la cui società aveva eseguito i presunti lavori della Edilcostruzioni (nel cantiere dell’alta velocità tra Milano e Torino). E in ulteriori indagini sono stati scoperti altri prestanome al servizio di famiglie mafiose potenti come i Papalia, Nicoscia, Arena o Zagaria.
Assieme alle lucrose commissioni, i grandi cantieri hanno non sono disprezzate dai clan mafiosi anche per un altro motivo: a seguito delle indagini antimafia effettuate durante la costruzione della tratta Milano-Torino si è scoperto che tonnellate di rifiuti sono stati illegalmente smaltiti nei cantieri della TAV (altro un business cruciale della mafia ). La Camorra napoletana ha il monopolio sul commercio di rifiuti tossici, da oltre 30 anni le imprese del nord smaltiscono i loro rifiuti tossici, tramite la camorra. Ma lo smaltimento illegale ha il suo prezzo: cecondo le stime dell’associazione ambientalista italiana Legambiente la camorra guadagna annualmente circa 20 miliardi di €. Il controllo della costruzione TAV è per la mafia, secondo Saviano un doppio affare: "Si arricchiscono negli scavi dei cantieri, che subito dopo vengono riempiti."

14 marzo, 2012

Europeo dell'anno: Mario Monti

Il santo professore

di Paul Kreiner
Traduzione di Claudia Marruccelli

Niente scandali, nessun pettegolezzo, neanche un accesso d’ira. Nella politica di Roma all’improvviso è cambiato tutto. Il Premier Mario Monti, "Europeo dell'anno" è considerato in Italia una specie di icona vivente. Chi è questo uomo dei miracoli?


Vi è un episodio che riguarda Mario Monti, che è rimasto impresso nella memoria di molti osservatori. Era il 17  novembre scorso, il Neopremier era fresco di nomina, e, il contrasto con l’ex primo ministro, Silvio Berlusconi dimessosi cinque giorni prima, colpiva in maniera davvero sorprendente.
Mario Monti aveva appena presentato al Senato il suo programma di emergenza per salvare un'Italia sull'orlo del precipizio, e poi aveva ascoltato la replica dei  parlamentari, durata ben nove ore. Un intervento dopo l'altro. Seduto composto sulla poltrona, senza appoggiarsi [allo schienale], senza accavallare mai neppure le gambe, Monti ascoltava, prendeva appunti – da buon professore - su un quadernone da scuola.
Berlusconi, che comunque veniva in parlamento malvolentieri, avrebbe iniziato a sbadigliare dopo solo una mezz’ora. Poi avrebbe raccontato qualche barzelletta ai vicini di banco, avrebbe scritto bigliettini a qualche amico di partito, qualche letterina galante alle amiche, e dopo al massimo tre quarti d'ora - in queste cose era prevedibile - si sarebbe addormentato.

Il "Bello addormentato"
Monti non è nulla di tutto questo. Non si è concesso alcuna distrazione. Non ha mangiato nemmeno una caramella. E quando alle 17,40 - l’istante è assolutamente registrato - alla fine si è fatto portare un bicchiere di acqua, un mormorio di sollievo ha attraversato la sala: ma allora è un uomo come noi, in un modo o nell’altro. Il "Rigor Monti", [il soprannome] che i giornalisti italiani hanno già affibbiato al Primo Ministro, con un ironico gioco  di parole al limite tra latino e italiano, tra politica e medicina, non era però una  minaccia finale: "Rigor Monti" - potrebbe stare a significare "la severità di Monti", ma anche essere un’ allusione al "rigor mortis", la rigidità cadaverica.

Questo avveniva tre mesi fa; in questo “rigoroso” trimestre la politica italiana è cambiata, come se fosse passata un’intera legislatura. Mario Monti si è addossato un paese malato e un’Europa in pericolo di essere contagiata - e ha dimostrato un'energia, che mai ci si sarebbe aspettati da un 68enne, dopo i suoi ultimi anni trascorsi relativamente tranquilli da docente di economia e rettore della Università "Bocconi" di Milano. "Forse", dice una persona dell’entourage di Monti, "ha solo atteso che arrivasse il suo momento. Ora ci siamo e con coscienza compie il suo dovere non al 99, ma al 100 per cento ".
Che Mario Monti, non ami i compromessi, lo ha dimostrato nei suoi dieci anni da Commissario UE per il mercato interno e la libera concorrenza. "Proprio come tutore della concorrenza", dice un esperto da Bruxelles, "inevitabilmente pesti i piedi a qualcuno." Monti non aveva paura degli di pezzi grossi - come la Microsoft, a cui appioppò una multa di 497,5 milioni di euro per sfruttamento abusivo di posizione dominante sul mercato, o come le  General Electric e Honeywell, a cui impedì una mega fusione già autorizzata negli Stati Uniti. E con il governo federale tedesco, Monti ha avuto contrasti per anni, perché considerava lo status privilegiato delle banche statali incompatibile con il principio della libera concorrenza.


La vittoria ai punti è andata a Monti - o per meglio dire all’ Europa. "Gli anni trascorsi a Bruxelles", ha detto una volta, "sono stati duri, ma mi hanno dato grande soddisfazione." E ha aggiunto: "Una volta, alla fine di alcuni negoziati estenuanti, quando non era riuscito ad accontentare i tedeschi, il Cancelliere Schroeder mi ha chiesto:, 'Lei ha studiato dai gesuiti? Sì? Ecco perché: Essi parlano, ragionano, e discutono, senza mai ammettere nulla '".
L'aneddoto con i gesuiti è stata una delle poche occasioni in cui Monti ha concesso uno sguardo nella sua storia personale, nella sua vita privata. Quando aveva ancora il suo cane e tempo per quelle  lunghe passeggiate che oggi gli mancano così tanto, non ha mai lontanamente fatto trapelare ai reporter neanche il nome dell’animale.
Beh, di Monti si conoscono i dati biografici, sappiamo che è nato il 10 Marzo 1943 a Varese in Lombardia, al confine con la Svizzera, e conserva lo stretto accento della sua regione anche quando parla in inglese e in francese, lingue che il Professore padroneggia come pochi politici italiani. Monti è figlio di un direttore di banca, discreto, un uomo laborioso della cosiddetta nobiltà lombarda, colto, educato, quasi un sobrio britannico, dal tipico umorismo. Nel suo ambiente di lavoro non si usa dare del “TU”, niente cameratismo.

Del resto i giornalisti di Bruxelles non invidiano a nessuno il compito, di delineare un ritratto di Monti. "Per noi era un uomo qualunque", dice un collega di lunga data dell'Unione europea, "Monti ha lavorato, in maniera concreta, autentica, senza scatenare tanto clamore. Ancora una volta a differenza di altri commissari, non ha mai fatto pressioni sui media. Qualche scandaluccio? Mai. Non ci sono pettegolezzi in circolazione su di lui , nessun scatto d'ira. Niente. "
La pace, la serenità con cui Monti ha guidato il suo paese negli ultimi tre mesi attraverso la crisi, appare a molti a Roma già quasi sinistra. Ma ci sono collaboratori di lunga data di Monti, che giurano di non averlo mai visto nervoso o arrabbiato. "Si allarma di continuo, se le cose non vanno come dice lui," ribatte un docente della Bocconi: "Solo che non lo dimostrerebbe mai, ne’ batterebbe mai il pugno sul tavolo. Bisogna conoscerlo davvero a fondo, per accorgersi quando ribolle dentro. "
Monti è un perfezionista. E come si comporta con i suoi collaboratori? "Beh  paziente, non direi", riferisce una signora a lui vicina: "O meglio. Ha molta fiducia nei suoi uomini. Li lascia lavorare [in pace], non controlla di continuo. Se le cose vanno bene, solo che ... ". E il docente universitario aggiunge, con il suo esempio Monti è sempre riuscito a motivare i suoi dipendenti a svolgere il proprio compito in maniera impeccabile: " Bisogna fare i salti mortali per accontentarlo sul lavoro".

Il premier prende appunti
La sua portavoce in particolare non saprebbe dire quando l’indaffarato Monti si concede una pausa: “Dato che abita proprio a Palazzo Chigi”, cioè nella residenza ufficiale del Governo italiano, che Berlusconi aveva criticato definendola poco accogliente, lavorando anche fino a notte inoltrata nel suo ufficio. "Allo stesso tempo Monti sembra avere il dono dell’ubiquità: a Bruxelles, Parigi, Berlino, a Tripoli, in Parlamento, in televisione. Quest’uomo un tempo schivo nei confronti del pubblico oggi è costretto alla ribalta. "Una volta, una sola volta," ha detto una portavoce, "mentre eravamo in volo di ritorno da Londra, mi ha detto, 'Sono stanco'".
Che cosa spinge Mario Monti? Essendo noto e rispettato a livello mondiale, sia negli ambienti governativi ed europei che in quelli universitari, il professore con i suoi ottimi agganci potrebbe tranquillamente dedicarsi ai suoi incarichi di studio, continuando a  scrivere saggi ed editoriali e rilasciare interviste sulla crisi mondiale. Poteva rifiutare l’incarico politico, come già aveva fatto un paio di volte, quando capi di governo tra cui Carlo Azeglio Ciampi e Silvio Berlusconi lo volevano come ministro. Poteva fare il nonno dei suoi quattro nipoti, per i quali adesso ha ancora meno tempo di quello che aveva per i suoi figlioli. Monti, padre di famiglia, non ama i salotti e le feste,  e ha sempre tenuto con riluttanza i discorsi ai pranzi ufficiali in occasione degli incontri interministeriali preferendo cenare la sera con la moglie - perché sconvolge così la sua vita? Perché si accolla gli enormi sforzi per risanare l'Italia – è questo quello che gli preme – e quindi salvare l'Europa?

"Fare carriera non lo ha mai interessato", dicono le persone che lo conoscono, "Monti è pratico e mira ai risultati. Quando recentemente ha assunto l’incarico, è stato perché è profondamente convinto di farcela. "E’ per un grande senso del dovere, dicono. Ma non un’etica cristiana, anche se Monti è un cattolico devoto e praticante; tiene volutamente separate fede e politica. Piuttosto, è in lui evidente un amor proprio per l'Italia. Egli vuole, Monti stesso dice: "che si riprenda a parlare di questo paese con la dignità che merita".
Questo spiega le apparizioni televisive di Mario Monti con Angela Merkel e Nicolas Sarkozy, che solo quattro mesi fa ridacchiavano, quando nel rispondere a delle domande, hanno dato la loro valutazione sulle capacità di riforma dell’Italia dell’allora presidente del Consiglio. La stessa Europa colma di lodi le attuali riforme. "Ottimo lavoro" sta facendo Monti. La Francia lo ha nominato "Europeo dell’anno"; a Londra, gli studenti fanno carte false per assistere ad una conferenza di questo nuovo famoso professore; Miguel Angel Gurria, Segretario Generale dell'OCSE parla dell’"uomo giusto al momento giusto e nel posto giusto". 

L'attuale governo di tecnici in carica
" Monti va troppo in tv, " fanno notare seccati i capi di partito in Italia, che si vedono portare via , i posti da protagonisti. E si rendono conto che questo signore che parla pacatamente, vestito in maniera poco appariscente di grigio chiaro o blu scuro,  senza capacità da grande comunicatore e in realtà poco avvezzo agli schermi televisivi, nel corso di una serata, ha fatto persino registrare un aumento del numero dei telespettatori, quando con i toni asciutti di un professore ha spiegato la situazione in Italia e il conseguente dovere di fare sacrifici. E Monti stesso è sorpreso, secondo il quotidiano britannico "Economist", che la sua gente " alla fine avesse celatamente desiderato finalmente un governo noioso", "che tenta – con un linguaggio epurato del gergo politico – di dirgli la verità".
E così il professore non promette nulla. "Esita sempre prima di fare una promessa", dice il suo collega presso l'Università Bocconi, "perché teme sempre, di non poterle mantenere." Monti ha spiegato e rispiegato. E sta facendo quello che tutti i politici hanno trascurato di fare in Italia: dare al suo paese una meta. Certo, dice, da quando ha assunto la carica e sono stati varati i decreti del bilancio, gli interessi bancari in Italia sono calati, ma ancora non basta  - e, soprattutto, se i cittadini da molto tempo, non hanno visto i risultati nelle proprie tasche, allora dovrebbero certo sapere, che tutto questo è necessario proprio indispensabile,  "per assicurare alle giovani generazioni e a quelle che verranno un’Italia degna di essere vissuta”.

Ma perchè Monti é  entrato in politica solo ora? "Perché la situazione è cambiata radicalmente", dicono quelli che lo conoscono. Il professore non ha mai voluto assecondare un partito, non ha mai voluto farsi coinvolgere nei battibecchi politici di oggi - cosa che lo distingue dal fallimento della "sinistra" di Romano Prodi. Tuttavia non si è lasciato sfuggire l'invito del Presidente di guidare un governo di tecnici al di fuori della politica: cosa che gli ha offerto la possibilità di portare avanti quelle riforme che sarebbero state impossibili da realizzare nella disputa ideologica o facendo l’occhiolino a nuove elezioni.
Come mai i partiti parlamentari - gli stessi da sempre - notano con loro disappunto, che il  preteso “tecnico” risulta persino superiore a loro nella gestione politica. Monti, ora lo si legge anche negli editoriali, sa esattamente come deve dosare la carota ed il bastone: ad un aumento delle imposte è seguito un improvviso smantellamento della burocrazia - e gli italiani, da sempre arrabbiati  con l’ amministrazione pubblica che obbliga tutti a sacrificare l’intera mattinata per ottenere un certificato di nascita o di di matrimonio, ha reagito subito con cinque punti percentuali  in più di popolarità.

Atrio dell'Università Bocconi a Milano
Anche se già "tecnocrate", Monti però lo è diventato anche  in un altro senso: lui che non ha tempo per gli hobby,  ha recentemente scoperto la navigazione su Internet. Segue i Forum di discussione politica, e laddove naturalmente si tratta anche di commenti alla sua politica, è  sorprendentemente bene informato e  sempre aggiornato, si dice a Palazzo Chigi.
La proverbiale modestia di Monti del resto ha radici profonde. Tempo fa ad un giornalista venne fuori la parola "professore", e replicando alle sue scuse, perché in realtà dovrebbe dovuto chiamarlo "presidente del consiglio", Monti rispose quasi compiaciuto, "Può chiamarmi tranquillamente professore. Sa, i presidenti del consiglio vanno e vengono, i professori restano."



06 marzo, 2012

Ade Lucio

di Iris Bonavida
Traduzione di Claudia Marruccelli


Il cantautore Dalla, per decenni icona della scena musicale italiana, è morto durante una tournée in Svizzera a pochi giorni dal suo 69° compleanno. Sarebbe dovuto venire a Vienna il 19 marzo.
Funerali di Lucio Dalla
 “Caro amico ti scrivo, così mi distraggo un po’. E siccome sei molto lontano, più forte ti scriverò”. Sono i primi due versi di uno dei brani più famosi del cantante italiano Lucio Dalla che probabilmente avrebbe eseguito anche al suo concerto del 19 marzo nel Konzerthaus di Vienna. Centinaia di fan e amici hanno dedicato a Dalla queste poche righe giovedì, quando è stata diffusa la notizia della sua morte improvvisa.

"E 'un momento molto triste, e non desidero parlarne con nessuno", ha dichiarato tramite il suo portavoce il cantautore Francesco De Gregori da anni collega di Dalla. Il presidente italiano, Giorgio Napolitano, dice addio a Dalla con queste parole:"Era un cantautore dalla voce potente e unica, che ha contribuito a diffondere la canzone italiana in tutto il mondo." Nicoletta Mantovani, vedova del famoso tenore Luciano Pavarotti, che ha partecipato spesso con Dalla alla manifestazione del "Pavarotti & Friends", è "senza parole", "Lucio era un grande amico di Luciano, un grande artista e una persona molto sensibile. Nei momenti difficili dopo la morte di Luciano, mi è stato molto vicino", dice Mantovani.


Per quarant’anni, Dalla aveva dominato la scena musicale italiana. Egli era noto per i suoi testi poetici e controcorrente, in cui aleggiava sempre una vena un po’ malinconica, tipica dei cantautori italiani, con alcune escursioni nel mondo fatuo della musica popolare.


Dalla era impegnato nelle ultime settimane in un tour internazionale che si sarebbe concluso il 30 marzo a Berlino. Ha presentato il suo CD "Questo è amore". Il suo ultimo concerto si è tenuto Mercoledì sera a Montreux, in Svizzera - senza segni di stanchezza. Stava bene, dice la sua assistente, Michela Mondella, è rimasto soddisfatto della riuscita della serata. Giovedì mattina ha fatto colazione e fatto ancora qualche telefonata. Poi ha avuto un infarto, così all’improvviso, senza alcun preavviso. Poco prima del suo 69 compleanno, il quattro marzo.

Dalla suona per il Papa
Da musicista jazz a cantautore 

La carriera di Dalla è iniziata a Bologna, sua città natale, nel 1960, suonando il clarinetto in una Jazzband. La sua vera passione però era cantare e comporre. Così divenne "Cantautore". Il primo grande successo fu nel 1970 la canzone “Occhi di ragazza”. Seguono diverse apparizioni a "San Remo", probabilmente il concorso musicale più famoso d'Italia. Il suo più grande successo, probabilmente però resterà "Caruso", un omaggio al cantante lirico Enrico Caruso, brano eseguito anche da decine di artisti, tra cui il famoso tenore Pavarotti. All’estero Dalla era noto tra le altre cose, per l'elaborazione dell'opera "Tosca" di Puccini con cui ha debuttato nel 2003 a Roma, con i costumi di scena disegnati da Giorgio Armani.


La sua ultima apparizione pubblica in Italia è stata a "Sanremo" - ma non come cantante. Ha diretto l'orchestra nell’esecuzione della canzone "Nani", che aveva scritto e che è stata interpretata da un giovane cantante esordiente. In piedi sul podio, con un leggero sorriso, si è congedato così in modo del tutto inconsapevole da una nazione che ora lo osanna come un pezzo di storia della musica.

Articolo in lingua originale
Collaborazione storica tra De Gregori e Dalla

04 marzo, 2012

Bruxelles bacchetta nuovamente l'Italia per i rifiuti

Italien bekommt das Müllproblem nicht in der Griff
L'Italia non riesce a risolvere il problema spazzatura

di Bettina Gabbe
Traduzione di Claudia Marruccelli

Nonostante siano passati alcuni anni dall’adozione della normativa comunitaria sulla gestione dei rifiuti, l’Italia è di nuovo sommersa dalla spazzatura. Bruxelles perciò ha ammonito il governo italiano.

A seguito della recente visita effettuata da un team di esperti inviati da Bruxelles, la Commissione europea ha richiamato all’ordine l’Italia per smaltimento illegale di rifiuti. Dopo più di dieci anni dalla promulgazione nel 1999 della legislazione UE delle attuali norme vigenti in materia, circa 100 discariche non risultano in regola.
Gli esperti in materia di smaltimento rifiuti inviati da Bruxellles hanno rilevato infrazioni non solo nel sud sottosviluppato, ma in 14 delle 20 regioni italiane a partire dalle Alpi, in Lombardia, fino alla punta dello stivale in Calabria. Sulla base dei rilevamenti della Commissione europea in tre discariche sono stati trovati anche rifiuti tossici. Il cartellino rosso di Bruxelles rimanda allo scandalo dei rifiuti industriali che sono finiti non lontano da Napoli, dove hanno inquinato rigogliosi terreni coltivati a frutteti. I rifiuti tossici attualmente sono una parte economicamente significativa delle entrate della mafia italiana. Accese proteste da parte dei residenti accolgono di volta in volta le nuove discariche previste.

Dopo la denuncia di Bruxelles l’Italia ora avrà due mesi di tempo per prendere posizione in merito. In caso contrario il secondo passo della Commissione sarà la formulazione “con parere motivato” della procedura di infrazione di fronte alla Corte di giustizia europea.
L’Italia già in passato aveva già compiuto degli sforzi con Bruxelles per negoziare una soluzione sulla questione dello smaltimento dei rifiuti. Il ministro dell’Ambiente Corrado Clini considera la recente pressione da parte della Commissione UE più una sfida che una minaccia. Bruxelles sollecita con la sua ammonizione dopo le parole di Clini una creazione più rapida di nuovi impianti per il trattamento dei rifiuti, in Italia ancora poco diffusi e l’utilizzo degli stessi nella produzione dell’energia elettrica. “ In alcune regioni vengono continuamente rimandati interventi decisivi riguardanti un trattamento intelligente ed ecologico della spazzatura”, ha ammesso per altro il ministro del governo Monti. Il governatore della provincia di Napoli, Luigi Cesaro, si consola dicendo: “Le questioni ambientali con i rifiuti non sono un problema che riguarda strettamente la zona di Napoli”.


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